Una promessa

Dragon Ball

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    The storm is approaching

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    Fandom: Dragon Ball

    Titolo: Una promessa

    Rating: SAFE

    Genere: Generale, sentimentale

    Wordcount: 4000


    COWT Settimana 5, Missione 2: Esistenza incontaminata

    Prompt: Foto Pakistan



    Quella sera alla Capsule Corporation regnava un’atmosfera cupa. La luce era saltata a causa del fortissimo temporale che si era abbattuto sulla città e che sembrava potesse sradicare anche gli alberi, Trunks e Bra litigavano (come sempre, negli ultimi anni) per accaparrarsi l’unico Game Boy con le batterie ancora cariche; i signori Brief si davano da fare per tranquillizzare gli animali turbati dalla tempesta; e Bulma, aiutata da Vegeta, cercava qualche candela nello scantinato, seccata che anche il generatore supplementare di energia elettrica - quello che in teoria avrebbe dovuto garantire almeno quattro ore di autonomia alla villa - si fosse guastato.
    «Vegeta, ti dispiacerebbe trasformarti ancora in super saiyan? Non vedo niente qui dentro...» aveva sbuffato Bulma, frugando tra le mensole.
    Senza rispondere, Vegeta fece come aveva chiesto, non meno annoiato di lei dalla prolungata mancanza di corrente (che non gli aveva consentito di allenarsi nella camera gravitazionale).
    «Grazie! Ecco qui... trovate. Le accendo subito!»
    Mentre estraeva la confezione ancora intera di candele, Bulma fece inavvertitamente cadere qualcos’altro dalla mensola. Vegeta si avvicinò per prenderlo e si accorse che si trattava di un album di fotografie. Il libro si era aperto in terra e mostrava una foto di Bulma, da piccola (non doveva avere più di dieci anni), in lacrime tra le braccia di suo padre che tentava di tranquillizzarla. Vegeta raccolse l’album e, invece di richiuderlo, rimase per qualche secondo a contemplare la fotografia.
    Bulma lo vide e ridacchiò. «Mi ricordo quella foto. Avevo otto anni, ero rimasta da sola in casa, in una giornata proprio simile a questa se non peggiore. C’era la tata con me, ovviamente, ma i miei genitori erano fuori città, non rispondevano al cellulare ed ero in pensiero per loro. Non sai che film mi sono fatta per la paura che potessero aver avuto un incidente in macchina! Quando ho rivisto mio padre, l’ho letteralmente assalito...»
    Il saiyan distolse lo sguardo dalla foto, rimise al suo posto l’album nella mensola e fissò il pavimento senza commentare.
    «Vegeta? Qualcosa non va?»
    Di colpo la lampadina dello scantinato si accese, e con lei anche tutte le luci della Capsule Corporation, dopo quasi due ore di buio pressoché totale. Bulma sospirò, scuotendo la testa divertita «Tipico...! Quando prendi le candele, torna la corrente. Su, torniamo da quelle pesti. Domani hanno scuola e devono filare a letto!»
    Vegeta e Bulma si diressero in salotto, dove Trunks e Bra stavano ancora bisticciando, ma arrivati lì, Vegeta proseguì e aprì la porta d’ingresso per uscire fuori.
    «Dove vai, Vegeta?» chiese preoccupata Bulma.
    «Faccio due passi» si limitò a rispondere lui.
    «Come sarebbe? Con questo tempo?!»
    Ma Vegeta non diede spiegazioni. «Obbedite alla mamma, voi due» intimò a Trunks e Bra, che cessarono immediatamente di litigare, guardandolo con gli occhi sgranati mentre usciva dalla Capsule Corporation.

    Fuori faceva freddo, ma Vegeta non ci faceva caso, la pioggia continuava a scendere meno fitta, ma inesorabile.
    Dopo la prima boccata d’aria il saiyan si levò in aria e volò via, sempre più veloce, lontano dalla città dell’Ovest.
    Giunse in un territorio montuoso e arido, completamente deserto, fatta eccezione per una strada contorta che lo attraversava, zigzagando tra le pendenze, come se un gigantesco serpente l’avesse scavata mentre strisciava su per la montagna. Evidentemente non molte auto osavano percorrerla: i segnali erano leggibili, solo sbiaditi dal tempo e dalle intemperie. Era un luogo dimenticato da Dio: proprio quello che cercava.
    Non pioveva, ma una nebbia sottile permeava l’aria e dava l’impressione che su quel territorio, tra quelle montagne sperdute, il tempo potesse fermarsi, o tornare indietro, o andare improvvisamente avanti, seguendo un ritmo solo suo, sconnesso dal resto del mondo.
    Vegeta si fermò su una delle alture, in un’angolazione che gli offriva una vista perfetta degli strettissimi tornanti della strada. Alzò lo sguardo al cielo: la nebbia offuscava persino la luna, ridotta ad una sottile falce argentea, quella notte.
    Restare da soli, pensò Vegeta. Sapeva perfettamente cosa significava - e in un modo che sua moglie, per fortuna, non avrebbe mai immaginato.
    Una leggera pioggerella cominciò a bagnarlo, ma lì non c’erano ripari. Non che Vegeta ne cercasse, comunque. Rimase lì dov’era, immobile, a contemplare il cielo oltre la nebbia.
    Com’era la sua vita, a otto anni?
    A ripensarci, lo assaliva un senso di vertigine.
    A otto anni aveva una famiglia, aveva un popolo, aveva schiere di servitori e abitava su un pianeta che portava il suo nome. Poi, nell’arco di una notte, forse non troppo diversa da quella che ora osservava sulla Terra, era cambiato tutto. La sua vita da principe dei saiyan, come fino ad allora l’aveva conosciuta, era stata stravolta per sempre. Un giorno aveva tutto; il giorno dopo si era risvegliato solo, con niente.
    Mi avevi detto che eravamo i più forti guerrieri dell’universo, pensò Vegeta, mentre i suoi occhi si riducevano a due fessure. Mi avevi assicurato che nessuno ci avrebbe mai sconfitto...
    «Avevi detto che non mi avresti mai lasciato solo. L’avevi promesso!» ringhiò Vegeta al cielo, che ora emetteva tuoni e lampi in lontananza, come se rispecchiasse il suo tormento. «Menzogne... Sei sempre stato un bugiardo! Non avrei dovuto crederti...»
    A quel punto la pioggia cominciò a cadere fittissima formando veri e propri torrenti nelle crepe del terreno, tuttavia Vegeta non si mosse da lì. Se ne stette fermo a guardare il cielo, i denti stretti.
    Dai suoi occhi scesero piano lacrime, presto confuse con la pioggia. Lacrime di rabbia e rancore per una persona che lui non aveva mai dimenticato.
    All’improvviso, un sussurro.
    Mi dispiace…
    Vegeta si voltò all’istante: dietro di lui, a un paio di metri di distanza, vide Goku.
    «Vegeta!» esclamò, le dita ancora sulla fronte dopo il teletrasporto. «Ti ho cercato dappertutto. Che ci fai qui? Con tutta questa pioggia, poi!»
    Il principe dei saiyan si guardò e notò che era completamente fradicio. La sua tuta da combattimento era inzuppata, e i suoi capelli così scompigliati dal vento da aver preso una piega molto simile a quella – disordinatissima - di Goku.
    «Che vuoi, Kakarot?» chiese Vegeta guardando fisso a terra, nel timore che il compagno potesse accorgersi delle sue lacrime.
    «Beh ero venuto a cercarti alla Capsule Corporation e non ti ho trovato. Bulma era preoccupata per te, piove molto forte, e hai visto che lampi? Sono andato a cercarti, ma non ti trovavo. Poi hai aumentato la tua aura e mi sono precipitato qui, pensavo che ci fosse qualche pericolo. Per fortuna però stai bene!»
    Vegeta ricambiò con un’espressione interdetta.
    Che stupido, pensò. Ero così fuori di me che ho aumentato la mia aura senza neanche accorgermene.
    Ma la voce che aveva sentito? Non era quella di Kakarot... che fosse stato solo il vento?
    «Ad ogni modo,» riprese Goku «c’è una cosa importante di cui devo parlarti, ma non qui, preferirei all’asciutto.»
    «Va bene» rispose Vegeta, ormai certo che le sue lacrime fossero del tutto scomparse.
    I saiyan si allontanarono facendo rotta alla Capsule Corporation.

    Arrivati lì, Vegeta notò che in casa, oltre a Trunks, erano presenti anche Gohan, Goten, Piccolo, Crilin, Tenshinhan e Yamcha.
    «Vi ho chiamati tutti qui per un’emergenza.» Cominciò Goku. «Non sono buone notizie, purtroppo. Oggi re Kaioh mi ha comunicato che c’è stata una ribellione nel regno degli Inferi. Non conosco bene i dettagli, so solo che Freezer e Cell sono riusciti a liberarsi e stanno seminando il panico nell’aldilà. Hanno già fatto parecchi danni e i sommi Kaioh del sud, del nord, dell’ovest e dell’est hanno pensato di restituire i corpi ai guerrieri più forti tra i defunti per aiutarli a ricatturare quei due criminali. Ma non è servito a molto, purtroppo... perciò hanno bisogno del nostro aiuto, e per questo vi ho tutti chiamati a raccolta. Sareste pronti a partire subito? A Crilin, Tenshinhan e Yamcha chiedo di soccorrere le persone ferite; mentre Gohan, Goten e Trunks si preoccuperanno di catturare i sottoposti di due delinquenti. Io, Vegeta e Piccolo penseremo a rintracciare Cell e Freezer. In caso di necessità, faremo attenzione a percepire i ki: se siete in pericolo, fatevi sentire.»
    «Mi sembra un buon piano!» convenne Gohan, supportato da tutti gli altri.
    Anche Vegeta e Piccolo annuirono.
    «Fate attenzione, per favore...» mormorò Bulma, stretta a Chichi.

    Arrivati all’ingresso degli Inferi grazie al teletrasporto di Goku, Re Enma accolse i guerrieri a braccia aperte, ringraziandoli e facendo loro un resoconto della situazione. Indicò loro quali erano i pianeti colpiti da Cell e Freezer, dove si trovavano i feriti, e in quale punto dell’Inferno erano stati avvistati i due tiranni l’ultima volta.
    Allora i gruppi di divisero come stabilito da Goku e in breve tempo, i due saiyan e Piccolo arrivarono al Serpentone che sovrastava le terre infernali.
    Giunti più o meno a metà strada del Serpentone, i tre decisero di dividersi; in questo modo avrebbero sicuramente avuto più possibilità di trovare in fretta Freezer e Cell.
    Passarono parecchie ore, ma Piccolo, Goku e Vegeta non riuscirono a trovare i due mostri, così si spinsero ancora più in fondo al regno dell’aldilà.
    Piccolo andò a ovest, Vegeta a est e Goku a sud.
    A dire la verità per Vegeta, questo non rappresentava un vero e proprio lavoro, era semplicemente una scusa per poter stare da solo indisturbato, mentre era assorto nei suoi pensieri. Aumentò la velocità, non accorgendosi nemmeno se c’era gente nel suo percorso.
    “Basta!” pensò Vegeta guardando in basso le nuvole dense. Doveva smetterla di pensare al passato, doveva impegnarsi per migliorare il futuro, con la sua famiglia.
    Vegeta alzò di nuovo gli occhi davanti a sé, e fece appena in tempo a scansarsi perché qualcun altro che stava volando dalla direzione opposta stava per travolgerlo.
    Dopo una manovra brusca il saiyan si fermò ad aspettare che i battiti del suo cuore rallentassero.
    «Si può sapere dove diavolo guardi?!» urlò la voce dello sconosciuto che stava per investire il principe.
    Vegeta, furioso per lo spavento, si voltò per ribattere, ma appena vide il volto del guerriero che aveva davanti, rimase senza parole.
    La persona che lo aveva illuso, che lo aveva lasciato solo, che lo aveva fatto soffrire, ma che gli somigliava così tanto, era davanti a lui.
    Suo padre.
    Il re guardava Vegeta con un’espressione meravigliata, come se non credesse ai propri occhi, poi, lentamente, si avvicinò a Vegeta.
    «Ve... Vegeta! Sei... sei proprio tu?» balbettò re Vegeta meravigliato e emozionato a tempo stesso.
    Vegeta una volta guardato il padre meravigliato più di lui, fissò a terra senza dire o pensare niente.
    «Vegeta... Accidenti, ma quanto tempo è passato dall’ultima volta che ti ho visto?! Mi sembra un’eternità.»
    Vegeta non degnò suo padre nemmeno di uno sguardo. L’aveva illuso, l’aveva abbandonato e lui non avrebbe scambiato una parola con una persona del genere, neanche se era suo padre.
    «Perché non dici nulla… non mi guardi neppure…»
    Come un fulmine, all’improvviso, Goku raggiunse Vegeta, fermandosi proprio tra lui e suo padre.
    «Vegeta! Abbiamo trovato Cell! Devi venire immediatamente, forza, vieni con me, pre-»
    Goku si voltò, sorpreso, e guardò meglio la persona alla sua sinistra.
    Assomigliava tantissimo a Vegeta, era solo più alto e aveva il pizzetto. Ma quegli strani vestiti... una battle-suite... così simile a quella che aveva un tempo Vegeta, quando lo aveva visto sulla Terra per la prima volta. Questa suite però aveva qualche dettaglio differente: un lungo mantello blu e rosso, e sulla divisa era inciso uno strano simbolo... una specie di stemma.
    «Voi due... vi conoscete, vero?» chiese Goku un po’ imbarazzato ma più curioso che mai.
    «Io sono suo...»
    Re Vegeta stava per rivelare a Goku che era il re di tutti i saiyan, il padre di Vegeta, ma venne bruscamente interrotto dalle parole di gelo del suo stesso figlio:
    «Non lo conosco affatto, anzi, non l’ho mai visto in vita mia» disse con fermezza il principe, lanciando a suo padre uno sguardo carico d’odio. «Allora, dicevi, di Cell? Andiamo a dargli una lezione che non scorderà.»
    Goku non poté ribattere perché Vegeta, senza aspettare la sua approvazione sfrecciò via.
    «No, Vegeta aspetta!» gridò re Vegeta volando più veloce che poteva verso il figlio. Raggiunse Vegeta e lo afferrò per un braccio.
    «Ti prego non fare così. Ho aspettato questo momento dal giorno in cui il nostro pianeta è stato distrutto...»
    «Lasciami andare! Lasciami subito!» sbraitò Vegeta, più irritato che mai.
    «Per favore, solo un momento, abbiamo talmente tante cose da dirci...»
    «Io non ho proprio niente da dirti! E adesso lasciami.» Vegeta si liberò violentemente dalla stretta del padre. Stava per andarsene, ma stavolta fu Goku a impedirglielo, parandosi dinnanzi a lui e sbarrandogli la strada.
    «Io non so chi lui sia,» disse seriamente Goku a Vegeta «ma se è la persona che immagino... ecco, forse dovresti parlargli. Non avrai molte altre occasioni come questa.»
    «Stai zitto Kakarot! Quante volte ti ho detto di non impicciarti negli affari che non ti riguardano? Andiamo a sistemare Cell, ora!» strepitò il principe a dir poco furente.
    «No Vegeta. Tu resta qui, io posso anche cavarmela da solo, e c’è sempre Piccolo che...»
    «Stupido! Se arriva anche Freezer, come pensi di fare?»
    «Vorrà dire che chiameremo anche Gohan, Vegeta» Goku si voltò guardando il padre del compagno, perfetto nella sua armatura da re. «Io sono Goku, Kakarot se preferisce. Lei deve essere re Vegeta, giusto?»
    «In persona. Sai Kakarot, somigli tanto a tuo padre Bardack» osservò il re piacevolmente sorpreso alla vista del figlio del suo miglior cavaliere.
    «Non ho mai conosciuto mio padre signore, comunque... anche Vegeta le somiglia molto. Mi spiace, ora devo andare.» Si voltò verso Vegeta e gli sorrise, poi volò via, lasciandoli soli.
    “Kakarot…” Vegeta avrebbe tanto voluto urlare “Non lasciarmi qui, idiota!” ma non poteva.
    Ora aveva davanti suo padre ed era costretto ad affrontarlo, volente o nolente.
    «Vegeta… ascolta io…» il re non sapeva da dove cominciare: era da tanto, forse troppo tempo che non vedeva il figlio; come doveva comportarsi? Che parole avrebbe dovuto usare?
    «Non dire niente, è mille volte meglio» disse Vegeta rassegnato.
    «Ignorarci a vicenda non è la soluzione ai nostri problemi» dichiarò re Vegeta turbato.
    «Se pretendi che stia qui a spiegarti come ho passato la mia vita dal giorno in cui Freezer ha distrutto il nostro pianeta, beh, levatelo dalla testa.»
    «Non voglio sapere nulla del tuo passato, sento solo di dover chiarire alcune cose, con te.»
    «Chiarire? Ti ho già detto che non c’è nulla da chiarire!»
    «Smettila! Insomma, cosa ti costa starmi a sentire per una volta?»
    «Una volta? Nel caso non te lo ricordassi io ti ho sempre ascoltato! Fin quando non hai deciso di sbarcarmi nella squadra di Freezer e di liberarti di me! E adesso cosa pretendi? Cosa c’è da ‘chiarire’?!»
    In quelle parole si nascondeva l’odio, il rancore, la frustrazione di essere stato abbandonato a Freezer con un’indifferenza sconvolgente da parte di un padre che per tutta l’infanzia gli era sembrato così premuroso, ma che alla fine si era rivelato spietato ed egoista nei confronti di suo figlio.
    «Vegeta…» il re sapeva che nelle parole tremanti del figlio si nascondeva la verità, la triste realtà di quell’epoca maledetta.
    Alcune figure si misero a fuoco nella mente del re: Freezer; Vegeta, che allora aveva solo quattro anni; i suoi cavalieri; il pianeta Vegeta, il suo pianeta; e poi uno scoppio, un tuono terribile e assordante nel silenzio spettrale dell’universo. Un attimo dopo, il nulla.
    Nessun pianeta sarebbe resistito alla potenza di quella sfera assassina, nessuno; solo un saiyan sarebbe sopravvissuto, sopravvissuto all’esplosione ma non alla crudeltà di Freezer. Un bambino, Vegeta.
    Da quel giorno la vita di suo figlio sarebbe stata infernale, sottomesso agli ordini di Freezer e dei suoi uomini. Un bambino così piccolo non sarebbe resistito un anno, ma no, Vegeta era diverso; Vegeta era il principe dei saiyan e voleva diventare un super saiyan, voleva uccidere Freezer, voleva vivere per renderlo fiero... e proprio quella voglia di vivere gli diceva di andare avanti, di continuare a combattere per una libertà che, purtroppo per lui, non sarebbe mai arrivata.
    «Non volevo... Non volevo che accadesse tutto questo, te lo assicuro» disse il re profondamente turbato. «Credevo, ingenuamente, che sarei riuscito a uccidere quel bastardo... Cerca di capire, non avevo idea che tutto potesse finire così. E non ho avuto mai intenzione di cederti davvero alla sua squadra. Ho finto di farlo. Del resto, se mi sono ribellato a Freezer, alla fine è stato proprio per...»
    «Lascia perdere. Non voglio saperne più nulla hai capito? Non me ne importa più niente!» urlò Vegeta.
    Il re abbassò lo sguardo. «Mi dispiace.»
    Quelle parole, pronunciate in quel modo, stesso tono, stessa voce. Vegeta le aveva già sentite prima, su quelle montagne deserte...
    «Ma allora...» si stupì il principe « ...eri tu?»
    Il re non fece in tempo a rispondere perché un fulmine s’abbatté su Vegeta con un’esplosione di luce. Il principe era distratto, non se lo aspettava, e venne travolto in pieno.
    «VEGETA!» gridò re Vegeta allarmato più che mai.
    «Ah ah ah! A quanto pare i saiyan sono molto vulnerabili quando si distraggono, forse troppo vulnerabili!» scoppiò a ridere crudelmente Freezer. Sembrava comparso dal nulla, gli occhi vermigli che fiammeggiavano guardando i vecchi avversari.
    «Freezer?!» Re Vegeta era carico di odio e di tensione.
    Freezer si accorse solo allora di lui, e gli rivolse un sorriso provocatorio e sprezzante. Non era cambiato di una virgola dall’ultima volta che l’aveva visto; anche l’espressione, di profondo disprezzo, sembrava essersi conservata nel tempo.
    «Chi si rivede! È un piacere trovarti qui. Non pensavo che ti fosse stato permesso di mantenere il tuo corpo, qui.»
    Freezer osservò Vegeta. L’attacco improvviso l’aveva fatto sbattere violentemente sul passaggio di pietra del serpentone e ora giaceva lì, a terra, privo di sensi, con una vistosa ferita sulla testa. «Ero convinto che ti odiasse...» commentò Freezer facendo cenno a Vegeta.
    «Sì, mi odiava. Mi odia e sicuramente e mi odierà per sempre, grazie a te» tuonò re Vegeta accecato dall’ira.
    Freezer fece una smorfia «Voi scimmioni siete tutti uguali... un ammasso di ingrati. E pensare che ti sei ribellato proprio perché non volevi che lo tenessi con me, nella mia squadra... Bella gratitudine!»
    «Gratitudine... Come no. Avrei dovuto rompere gli accordi con te quando ancora ero in tempo!» ringhiò re Vegeta tra i denti, pieno di rimpianti «Cosa vuoi ancora, adesso? Vuoi cancellarmi anche da questo mondo? Fai pure! Uccidimi come ti pare, ma lascia stare Vegeta!»
    Ma Freezer chiuse lentamente gli occhi e si voltò dall’altra parte. «Non voglio ucciderti, visto che sei già all’Inferno, e poi» lanciò uno sguardo a Vegeta «Dovresti ringraziarmi... non intendo torcere un capello a tuo figlio, anche se adesso mi basterebbe un dito per farlo fuori... ma ho cose più urgenti da fare e scimmioni persino più irritanti di te a cui dare una lezione.»
    Senza dargli il tempo di ribattere, Freezer sfrecciò via, più veloce della luce, lasciandosi una scia biancastra alle spalle.
    Re Vegeta non si fermò a guardare Freezer, si lanciò da Vegeta cercando di farlo rinvenire.
    «Vegeta! Vegeta rispondi!»
    Il principe era confuso, sembrava che la testa gli stesse scoppiando.
    «Forza Vegeta!» insisteva il re, preoccupato.
    Vegeta sentì una fitta acuta ad una tempia, ma riuscì ad aprire gli occhi. A poco a poco, si abituò alla luce del sole e riuscì a mettere a fuoco suo padre.
    «Ehi... stai bene? Mi hai fatto prendere uno spavento...» il re sollevò delicatamente il figlio per le spalle «tutto ok?»
    «Sto bene, non è niente, solo un graffio.»
    Vegeta voleva alzarsi, ma la testa gli faceva troppo male. Cercò di trattenere un gemito di dolore e si portò una mano alla tempia sinistra.
    «Solo un graffio? Fammi dare un’occhiata...» re Vegeta esaminò attentamente la ferita del figlio, che sanguinava abbondantemente. «Dobbiamo medicarla subito, non vorrei che perdessi troppo sangue.»
    «Tranquillo... quando tornerò sulla terra prenderò un senzu... e passerà subito» disse Vegeta, cercando di sostenere un tono di voce stabile, senza riuscirci.
    « Non puoi aspettare tanto, e non devi alzarti, questo taglio potrebbe peggiorare.» Curiosamente, il re sorrise di un sorriso orgoglioso. «Sei sempre così testardo...?»
    «Proprio come te» concluse Vegeta, che per la prima volta dopo tanti anni, ricambiò il sorriso del padre.
    Padre e figlio rimasero così per un breve, infinito momento, fin quando Vegeta non abbassò lo sguardo.
    «Ho sentito quello che ha detto Freezer. Sai... io non ti ho mai odiato, mai veramente... Non sapevo come dimenticare te, la nostra famiglia, il nostro pianeta. Ho perso tutti voi in una sola notte, tutto in una volta. È stato...»
    «Tremendo.» Completò il Re dei saiyan. «Posso solo immaginarlo.»
    Il principe trattenne a stento le lacrime «Tu avevi promesso che mi saresti stato vicino, e io...»
    «Avevi tutte le ragioni per odiarmi» intervenne re Vegeta con gli occhi lucidi «lo so, sono un bugiardo ai tuoi occhi, ma non pensavo che la situazione con Freezer degenerasse così tanto. Scusa, scusami per quello che ti ho fatto. So che non potrai mai perdonarmi, ma sappi che mi dispiace, e mi sono odiato per averti ceduto alla squadra di quel bastardo. In questi anni ho sperato di poterti chiedere perdono così tante volte... Avrei voluto dirti questo: anche se non mi sono comportato da padre, ti ho sempre voluto bene, Vegeta.»
    «Io... ti ho già perdonato... papà...»
    Il re non riusciva a credere a ciò che aveva sentito. Suo figlio, il suo unico figlio, l’aveva chiamato “papà” come non faceva da tantissimi anni. Lo abbracciò, lentamente, poi posò piano la mano sulla ferita di Vegeta.
    «Credo di essere il padre più fortunato del mondo ad avere un figlio come te.»
    «Però la tua fortuna non è servita a molto contro Freezer» affermò Vegeta.
    Il re fece una risata amara. «Hai ragione.»
    Dopo qualche secondo, Vegeta abbassò lo sguardo.
    «Papà, anche a me dispiace... per tutto.»
    «No, non ci pensare. È stata colpa mia, tu eri solo un bambino ed io non ho mantenuto la nostra promessa. Ma... Forse posso rimediare.»
    «Cosa...?»
    Il re si sfilò il medaglione che aveva al collo, su cui era inciso lo stemma della famiglia reale. La porse a Vegeta. «Continua a combattere Vegeta, a impegnarti per diventare il più forte dell’universo e per oltrepassare i tuoi limiti. Porta questo medaglione in ogni tua battaglia, in ogni allenamento, e io starò sempre al tuo fianco per aiutarti e consigliarti. In qualche modo, sentirai la mia presenza, e sarà un po’ come se io fossi con te. Non ti lascerò, te lo prometto.»
    Vegeta sorrise di nuovo, prese il medaglione e se lo mise al collo. «Te lo prometto. E diventerò il guerriero migliore nell’universo.»
    «Lo diventerai,» disse il re, ricambiando il sorriso del figlio «ne sono sicuro...»
    Ad un tratto tutto sembrò offuscarsi. La luce dell’aldilà si spense di colpo e Vegeta si svegliò, leggermente stordito.

    Una voce chiamava il suo nome.
    Vegeta aprì gli occhi rendendosi conto di essere completamente zuppo. Aveva dormito sotto la pioggia, tra quelle montagne deserte, per chissà quanto tempo. Si alzò e si guardò attorno, tristemente. Era stato solo un sogno.
    «Vegeta!» gridò Goku, atterrando proprio accanto a lui «Eccoti finalmente! Che ci fai qui!?»
    «Io... niente» rispose Vegeta, troppo turbato per guardarlo in faccia.
    «Bulma era preoccupata... mi ha chiamato dicendomi che sono tre ore che manchi da casa!»
    «Sì, ho fatto tardi senza rendermene conto. Beh, è davvero ora che torni.»
    Vegeta stava per prendere il volo, quando Goku lo richiamò: «Ah... complimenti per quel medaglione! Non te lo avevo mai visto.»
    Vegeta si portò subito una mano al petto. Il medaglione era lì, era proprio lì. Non era stato un sogno!
    «Ah... questo...» rispose, non potendo nascondere un sorriso «era... di una persona speciale.»
    Goku sorrise a sua volta.
    «Bene. Ci vediamo presto, Vegeta.»
    L’altro saiyan andò via, e il principe rimase da solo a fissare il medaglione tra le mani.
    “Non ti lascerò mai più solo” ripeté dopo qualche minuto la voce del re dei saiyan, nella sua mente.
    «Sì... adesso lo so» sorrise allora lui stringendo forte il medaglione.
    È una promessa.

    Edited by Vegethia - 7/3/2020, 01:15
     
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