Strade Parallele

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    The storm is approaching

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    Titolo: Strade Parallele

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    COWT Settimana 3, Missione 1: Luna nuova





    Per Vitale era un giorno come un altro. Se ne stava seduto su una panchina del parco, come ogni pomeriggio, ad attendere le quattro e mezza per aprire il suo studio di tatuaggi.
    Il sole inondava di luce l’intera area, facendo brillare i colori delle siepi, delle giostre e delle t-shirts dei bambini che giocavano lì intorno. Tutto risplendeva della tipica atmosfera che solo i mesi estivi dell’anno riuscivano a infondere in ogni cosa. Eppure lui si sentiva distante da tutto; un’unica nota stonata all’interno di una composizione perfetta, un elemento inconciliabile con quel tripudio di gioia e amore per la vita.
    Non che non gli piacessero i bambini o i parchi affollati, anzi. Li adorava. Ma non poteva fare a meno di osservarli con un profondo senso di nostalgia nel cuore, e forse anche con un pizzico d’invidia.
    I bambini potevano essere spensierati nella loro innocenza. Potevano fidarsi degli altri senza riserve, senza paura di essere traditi, feriti o abbandonati. Loro, del resto, non erano mai stati innamorati...
    Vitale lanciò uno sguardo al dolce ancora incartato che aveva comprato in uno dei bar migliori della città,
    com'era solito fare ogni primo pomeriggio: nonostante amasse le crostate, ora non ne aveva molta voglia.
    Optò allora per cercare le sigarette nella tasca interna della giacca che aveva adagiato accanto a lui (faceva troppo caldo per indossarla sopra la maglietta), ne estrasse una dal pacchetto e la accese.
    Aspirò profondamente mentre chiudeva gli occhi per qualche istante, cercando di allontanare i pensieri dalla sua mente. Di solito ci riusciva abbastanza bene. Mantenere la calma e la compostezza in ogni situazione era diventato il mestiere in cui riusciva meglio, era la sua maschera per stare nel mondo, per vivere bene, lontano dalle indiscrezioni della gente.
    Distratto com'era dallo schiamazzo dei bambini, o forse dalla piacevole sensazione della nicotina in circolo, non si accorse subito del lamento che arrivava dalla siepe alle sue spalle.
    Dopo qualche secondo si voltò, non sapendo bene cosa cercare con lo sguardo. Quel lamento così flebile e stridulo non poteva che appartenere a un bambino molto piccolo, oppure...
    Meow.
    Vitale sorrise, gettò la sigaretta, e si alzò dalla panca, avvicinandosi all’aiuola delimitata da un cordolo.
    Sul terriccio c’era un gattino dal manto chiaro, talmente piccolo che sarebbe comodamente entrato in una mano. Gli occhi si scorgevano appena sotto le palpebre ed erano di un blu brillante, quasi celeste. Somigliava a un piccolo siamese.
    «Cosa ci fai qui?» gli sussurrò Vitale, raccogliendolo da terra. Gli accarezzò la testolina e stimò, dalle dimensioni e dal peso del cucciolo, che non dovesse avere più di qualche giorno.
    Si guardò intorno per cercare la madre, ma non vide nessun altro gatto nei paraggi.
    «Non puoi essere qui da solo... ti sei perso, piccolo?»
    Quasi a volergli dare una risposta affermativa, il micio miagolo di nuovo.
    Un istante dopo, Vitale sentì un altro richiamo stridulo, del tutto simile a quello del suo trovatello.
    «Hai un fratellino, per caso?»
    In risposta, stavolta, si palesò un bellissimo ragazzo dai capelli biondi. Sbucò dal vialetto del parco a tre metri da lui, stringendo tra le mani un gattino in tutto e per tutto simile al suo. Guardò Vitale e gli si avvicinò con un sorriso cordiale.
    «Salve!»
    «Buonasera» lo salutò Vitale.
    «Sono tuoi, queste piccole pesti?»
    «Oh, no.» Rispose. «Ho appena trovato questo gattino qui...»
    «Allora abbiamo lo stesso problema. Anzi... la stessa gatta da pelare
    Vitale sorrise imbarazzato, abbassando lo sguardo.
    «...Scusa, era pessima» disse il bel ragazzo dagli occhi azzurri, arrossendo appena. «Io sono Angelo.»
    «Vitale...» si presentò lui, aggiungendo un attimo dopo: «Lo so che è strano. Perciò chiamami Vi, e niente battute, per favore.»
    Angelo rise, ma senza aria di scherno. «Okay, Vi. Ho cercato mamma gatta ovunque, ma non sono riuscito a trovarla. Comincio a pensare che non sia più qui nei paraggi...» Si bloccò all’improvviso, avvicinandosi un po’ e inclinando leggermente la testa da un lato. «Ma tu ed io ci siamo visti altre volte, per caso?»
    Vitale guardò meglio il viso del ragazzo, nonostante la sua timidezza, e cercò di fare mente locale. «Non so. Può darsi. Hai mai fatto un tatuaggio?»
    «Ma certo!» esclamò Angelo, illuminandosi. «Sei il ragazzo che lavora allo studio Griffon! Sono venuto da te l’anno scorso, a fare un tatuaggio per...»
    «...L’anniversario con la tua ragazza. Ora ricordo» fece Vitale, accarezzando il micio che nel frattempo si era messo a impastare sulla sua maglietta «Un cuore con le vostre iniziali. “A & N”.»
    «Caspita, che memoria fotografica» commentò Angelo, ammirato. Ma il suo sorriso aveva perso d’intensità. «Senti... a proposito... non è che allo studio li cancelli pure, i tatuaggi?»
    Vitale si sorprese vedendo Angelo arrossire fino alla punta delle orecchie. Aveva la carnagione chiarissima e non c’era verso di nascondere il rossore, per quanto distogliesse lo sguardo da lui.
    «Con la mia ragazza, sai... non è andata.»
    «Capisco» disse Vitale, astenendosi dal commentare la stupidità della scelta. Aveva sempre trovato azzardato tatuarsi il nome di una fidanzata sulla pelle, ma era stato molto innamorato anche lui, in passato, e non si sentiva di biasimarlo, dopotutto. «Se ti consola, anche io ci sono passato.»
    «Da un tatuaggio sbagliato?»
    «No, da una persona sbagliata.»
    «Oh.» Angelo abbassò gli occhi. «Mi dispiace.»
    «Comunque posso cancellarlo, se vuoi» riprese Vitale. «Ma personalmente, piuttosto che lasciarti una cicatrice, ti suggerirei di modificare il disegno.»
    «Grande! Quando apri lo studio, di pomeriggio?»
    Vitale sussultò. Resse il gattino con la sola mano destra e controllò l’orologio da polso. «Praticamente adesso. Ma i cuccioli...»
    «Posso pensarci io. Nel senso, non posso prenderli entrambi, ma temporaneamente sì.»
    «Va bene. Allora lo lascio a te, e ci vediamo uno di questi giorni allo studio.»
    «Perfetto.»
    Vitale fece per andare, ma non appena si separò dal micio provò una stretta al petto.
    «Angelo?»
    «Sì?»
    «Non darlo via. Magari posso tenerlo.»
    Angelo ridacchiò.
    «Vado a comprare il latte in polvere e sono subito da te.» Abbassò lo sguardo sui micini e aggiunse: «Siete due fratellini fortunati.»
     
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