Gemelli

Devil May Cry

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    The storm is approaching

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    Red Grave

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    Anonymous
    Fandom: Devil May Cry

    Titolo: Gemelli

    Rating: SAFE

    Genere: Fluff, Slice of life

    COWT Settimana 3, Missione 1: Luna nuova




    Era notte fonda a Red Grave e nelle campagne al limitare della città regnava la quiete.
    Nonostante fosse solo la fine giugno, il caldo sembrava già quello di un torrido agosto inoltrato. Di giorno l’aria era immobile, pregna dell’odore del grano maturo e smossa solo dal frinire delle cicale, ma di notte una brezza fresca soffiava ancora dalle colline vicine, donando un po’ di sollievo dall’afa e regalando sonni ristoratori agli abitanti del paese che dormivano con le finestre aperte.
    Alla periferia della città, dispersa tra queste campagne e defilata rispetto alle numerose tenute dei contadini, sorgeva una magnifica villa. Un edificio dai tratti neoclassici, appartenuto un tempo ad un nobile proprietario terriero, circondata da un immenso giardino e da un basso muro a secco. La residenza era stata acquistata e ristrutturata cinque anni prima da una giovane coppia di sposi, evidentemente amanti della tranquillità e della riservatezza. Nessuno a Red Grave li aveva conosciuti personalmente finché, tre settimane prima di quella calda sera estiva, una chiamata urgente fu indirizzata all'ambulatorio medico perché il dottore e l’ostetrica di turno andassero di corsa alla villa: Eva, la donna che di tanto in tanto lasciava la residenza per visitare il mercato locale, incantando i passanti con la sua fulgida bellezza e coi suoi modi gentili, stava dando alla luce i suoi primi due figli. Due piccole meraviglie dalla pelle diafana e dai capelli albini, così sottili da sembrare fili di seta. Due gemelli.
    Gli stessi gemelli che ora squarciavano la calma della notte nelle campagne di Red Grave con un pianto disperato.
    I due neo-genitori furono i primi a venire strappati dal sonno, quando stavano riposando da poco più di un paio d’ore.
    Sparda aprì gli occhi, restando per qualche secondo in attesa a fissare la volta del letto a baldacchino, quasi che sperasse di aver solo sognato il pianto del bebè e si aspettasse di sentirlo svanire una volta sveglio, e di poter riprendere a dormire. Eva, accanto a lui, fece lo stesso, contemplando assonnata la tenda smossa appena dal venticello estivo. Ma il pianto non si arrestò.
    «Dante?» chiese dopo un po' il Demone albino. Era padre da nemmeno un mese, ma stava già imparando a conoscere i suoi figli.
    «Dante.» Confermò con un sorriso rassegnato Eva, che a distinguere il pianto dei gemelli era già una campionessa, e fece per alzarsi.
    «No, cara» la fermò Sparda, nonostante il sonno che ancora gli intorpidiva le membra «Vado io. Tu dormi.»
    «Sei sicuro?»
    «Sicuro» replicò lui «Dovrò pur imparare a prendermene cura, no?»
    «Lo sai fare già» sorrise Eva, accarezzandogli teneramente una guancia. Poi arricciò il naso. «...solo che Dante è... un po’ più impegnativo, lo sai.»
    «Lo rimetterò a dormire come un angioletto, vedrai.»
    «D'accordo» fece lei, tenendo per sé lo scetticismo, e si riaccomodò sotto le lenzuola leggere.
    Sparda le posò un bacio tra i capelli d’oro. «Ti amo.»
    «Anch’io. Ma ora vai, prima che svegli anche Vergil.»

    Sparda non perse altro tempo. Uscì dalla stanza, attraversò un breve tratto del corridoio ed entrò nella cameretta che avevano temporaneamente riservato ai figli - era stata una sua decisione, quella di abituarli a dormire da soli fin da subito ed Eva, a malincuore, lo aveva appoggiato, purché restassero nella camera attigua alla loro almeno per il primo anno.
    Dante piangeva e singhiozzava senza sosta nella culla, separato dal fratello solo da una sottile parete divisoria in tessuto. Nella sua nicchia di spazio, come per miracolo, Vergil dormiva ancora, ma mostrava già i primi segni di insofferenza: aveva il visetto contratto in una smorfia infastidita e si capiva, da quella e dal modo in cui cominciava a muovere la testa, che sarebbe scoppiato a piangere anche lui se Dante non si fosse zittito.
    «Okay, Dante, papà è qui... Va tutto bene...» sussurrò piano Sparda, sollevando il pargoletto urlante e stringendolo tra le braccia. Aveva indosso un pigiamino rosso ciliegia, intonato con la morbida copertina di cotone. Vergil aveva esattamente lo stesso corredo, ma sui toni dell’azzurro. Sparda sorrise, guardandoli. Era stata Eva a optare per pigiami, vestiti e coperte di differenti colori, in controtendenza con i genitori che si divertivano a vestire i figli allo stesso modo. Ci aiuterà a distinguerli, almeno per i primi tempi gli aveva detto, e a lui era parsa subito un'ottima soluzione, visto che Dante e Vergil erano assolutamente identici, adesso come nei loro nei primi giorni di vita. La somiglianza era prettamente estetica, tuttavia, perché al di là dell’aspetto, i due gemelli cominciavano già a manifestare qualche differenza sostanziale nel temperamento. Dante, per esempio, piangeva spesso e per praticamente qualsiasi cosa. Vergil era di norma tranquillo, ma più difficile da calmare quando scoppiava in lacrime. Dante non stava un attimo fermo e - anche se non aveva strettamente bisogno di essere nutrito come un bambino umano, essendo per metà un demone - strepitava se non riceveva puntualmente la sua poppata di latte. Vergil non sembrava soffrire la fame ma, di contro, non sopportava di rimanere sporco per più di un minuto, e se non veniva subito pulito e cambiato, era capace di strillare facendosi sentire fino alla campagna vicina.
    Alla luce di ciò, le ragioni per cui Dante ora continuava a piangere potevano essere le più disparate. Sparda si rifiutava di pensare che avesse di nuovo fame - aveva guardato l’orologio nella sua stanza e aveva calcolato che non erano passate più di due ore dall’ultima razione di latte somministrata ai gemelli - perciò avvicinò il piccolo al viso e lo odorò velocemente. Non era nemmeno da cambiare. Per tutta risposta, Dante scalciò, centrandogli in pieno il naso.
    «Sei un piccolo birbante» fece Sparda, preso alla sprovvista, abbassando il figlio e sistemandolo meglio tra le braccia come gli aveva insegnato Eva, facendogli adagiare la testolina nell'incavo del suo gomito.
    Nonostante la presa da genitore provetto, Dante non accennava a calmarsi. Sparda provò allora a cullarlo, allontanandosi dalla culla. «Shh... Buono, buono Dante. Non vorrai svegliare il tuo fratellino, vero?»
    Dante rispose con un altro grido che no, evidentemente non gli importava molto di svegliare il gemello.
    «Io dico che sei solo annoiato» commentò sottovoce Sparda, inarcando un sopracciglio. «È così? Vuoi giocare un po' con papà?»
    Portò il bambino ad un capo della stanzetta, dove avevano sistemato il fasciatoio. Ve lo depose delicatamente sopra e si portò le mani libere vicino alla faccia.
    «Devil hunter e...» mormorò, coprendosi il volto con le mani. L'aveva fatto qualche giorno prima davanti ad entrambi i gemelli e ne erano stati entusiasti.
    «Devil Trigger!» esclamò piano, e quando si scoprì la faccia, non vi era più traccia del volto umano di Sparda. Il buio fece risplendere i suoi occhi rossi di demone come rubini e la luna accese dei barbaglii di luce argentea sulle sue corna ricurve.
    Dante si zittì per un attimo, con gli occhioni blu spalancati nell’oscurità. Poi scoppiò in un nuovo pianto, e stavolta non era solo capriccioso, era terrorizzato.
    «No, no! Non fare così!» Sparda tornò immediatamente alle sue sembianze umane, ma ormai il danno era fatto. Anche dall’altra culla si levarono gemiti e lamenti. Vergil si era svegliato, e la stanza si trasformò nel giro di pochi secondi in un concerto di grida isteriche e inconsolabili.
    «Oh, no Vergil. Non è successo nulla...» accorse Sparda, riprendendo Dante in braccio e dirigendosi alla culla. Ma più si avvicina, più le urla di Dante si facevano acute, e più anche il pianto di Vergil inforzava.
    «Tesoro... serve una mano?»
    Sparda si voltò e vide Eva già sulla soglia, avvolta nella sua vestaglia di seta grigio perla. Era splendida anche così, nonostante i capelli scompigliati e gli occhi cerchiati dalla stanchezza.
    «Cara, non dovevi alzarti. Posso pensarci io.»
    «Lo so, ma non voglio che i nostri piccoli diavoletti sveglino tutto il vicinato. Parlano già un po' troppo di loro, in città» scherzò Eva, andando vicino a Sparda e prendendo con sé Dante. «Me la vedo io con lui, tu pensa a Vergil.»
    Il Demone obbedì, un po' rammaricato, ma in fondo anche sollevato. Per quanto si impegnasse con lui, Dante sembrava non poter trovare conforto se non tra le braccia di sua madre. Con Vergil era più semplice.
    Sparda scostò le tendine della culla, e sollevò il fagottino azzurro. Se lo adagiò sul petto, accorgendosi che piangeva di un pianto più contenuto, il pianto di chi voleva solo dormire ma era stato costretto a svegliarsi. «Su, su... Non è successo nulla» gli mormorò posandogli un bacio sulla fronte e accarezzandogli la testa. «Solo quello scocciatore di tuo fratello. Ormai ti ci stai abituando anche tu, non è vero?»
    «Non metterli l’uno contro l’altro» lo riprese Eva in tono scherzoso, rivolgendosi poi al piccolo Dante, che si andava già placando contro il suo seno «Non ascoltare papà. Ti spaventa e pure si aspetta che tu lo trovi divertente!»
    «L'altro giorno ha funzionato!» protestò debolmente Sparda. Sapeva di avere sembianze mostruose, nella sua forma demoniaca, ma non si era trasformato senza sapere cosa aspettarsi. «Lui e Vergil si erano divertiti, li hai visti ridere anche tu.»
    «Vergil ha riso» puntualizzò Eva. «Dante ha riso dopo di lui, di riflesso.»
    «Vuoi dire che rideva perché ha visto ridere suo fratello?»
    Eva sorrise dolcemente. «L’emulazione è tipica dei bambini. Ma forse Dante era semplicemente contento di veder ridere il suo fratellino.» Avvicinò al viso il pargoletto che adesso stava per assopirsi e gli chiese, in un sussurro: «È così, tesoro? Ti piace quando il tuo fratellino sorride?»
    «Certo che lui non gli dà molti motivi per farlo, considerando quante volte lo sveglia» ridacchiò Sparda. Guardò Vergil negli occhi, un istante prima che le palpebre del piccolo si chiudessero, assonnate. «Ma tu devi volergli bene lo stesso, okay, Vergil?»
    Continuarono a cullarli per una decina di minuti, poi li riposero entrambi nella culla, sotto le coperte. Si fermarono a guardarli ancora per un attimo prima di andare, stretti l’uno all’altra, ascoltando solo i loro respiri delicati e il canto dei grilli in sottofondo.
    «Lo sai? Anche se ci danno un gran daffare, sono contenta che siano in due» disse Eva, senza staccare gli occhi dai gemellini addormentati.
    «Davvero?» le chiese Sparda, pure lui incapace di distogliere lo sguardo dalla culla. «Anche se ci svegliano e si svegliano a vicenda nel cuore della notte? »
    «Sì.»
    «Anche se ci danno il doppio del lavoro di un bambino normale?»
    «Sì.»
    «...Sai che questo è solo l’inizio, vero?»
    «Oh, smetti di mettermi l’ansia!» Eva a quel punto poggiò la testa contro il suo petto, facendosi improvvisamente pensierosa. «Non m’importa quanti sacrifici ci aspettano. Sono felice, perché so che avranno sempre qualcuno su cui poter contare, anche quando noi non ci saremo. Voglio dire, quando io non ci sarò...»
    Quella considerazione fece male a Sparda, che sentì il cuore serrarsi in una morsa solo a immaginare un mondo, una vita, senza di lei.
    «Tesoro, tu non...»
    «Non devi essere triste.» Eva cercò i suoi occhi, scostandogli i capelli dal viso. «Ne abbiamo già parlato molte volte, e sai come la penso. Ho più paura del tuo destino che del mio, Sparda, ma lo accetto. L’ho accettato da tempo. Quello che non potrei mai accettare, è di lasciare nostro figlio da solo, in un modo incapace di accogliere la sua diversità.»
    Guardò di nuovo la culla, dove Dante e Vergil dormivano sereni l’uno accanto all’altro, e ogni traccia di preoccupazione svanì dal suo viso, lasciando il posto ad un sorriso carico di amore. «Ma so che non succederà. Perché per quanto questo mondo possa ferirli, o discriminarli, so che loro avranno sempre qualcuno che li farà sentire a casa. Qualcuno da cui poter tornare, qualunque sia la strada che sceglieranno di percorrere. Perché Dante avrà sempre Vergil, e Vergil avrà sempre Dante. Per questo sono felice.»
    Sparda si portò alle spalle di Eva e la strinse forte tra le braccia. Nei suoi occhi, più che mai lontani da quelli di una creatura infernale, fecero capolino lacrime di gioia e di speranza.
    «Hai ragione. Non saranno mai soli.»
     
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