Resident Devil (Capitolo 1)

Devil May Cry, Resident Evil

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    Fandom: Devil May Cry, Resident Evil

    Titolo: Resident Devil (Capitolo 1): Leon & Claire A

    Rating: SAFE

    Wordcount: 4100


    COWT Settimana 7, MISSIONE 7 “UN ALTRO GIRO DELLA SPIRALE”


    Che all'alba del 2020 la serie di Resident Evil contasse molti più fan, più videogiocatori e più notorietà rispetto a Devil May Cry su scala mondiale non era certamente un mistero.
    La famosissima serie di survival horror di casa Capcom, del resto, era nata nel 1996; cinque anni prima dell'action adventure Devil May Cry, e per di più sulla prima console Playstation - una delle console più amate di sempre nel panorama videoludico internazionale. Resident Evil contava poi innumerevoli spin off, oltre ai suoi sette capitoli principali (quasi tutti giocabili su più piattaforme); un numero consistente di remake; fumetti; romanzi; guide; figures; gadget ufficiali e chi più ne ha più ne metta. Come se ciò non bastasse, la fama di Resident Evil aveva raggiunto da anni anche il grande schermo con le molteplici trasposizioni cinematografiche del gioco, che grazie ad una eccezionale Milla Jovovich avevano fatto conoscere la serie anche a chi di videogiochi non ne aveva mai masticati in vita sua.
    Devil May Cry, pur essendo un prodotto della stessa Capcom, ed essendo - per ironico capriccio del destino, bisogna ammetterlo - nato proprio durante la realizzazione di Resident Evil 4 per Play Station 2, era un videogioco di nicchia, che impallidiva dinnanzi al successo planetario di Biohazard.
    Perciò, quando il 12 dicembre del 2019 si sfidarono sul palco dei Game Awards il remake di Resident Evil 2 e il nuovo capitolo di Devil May Cry 5, tanto gli sviluppatori quanto i fondatori di Capcom, sapevano perfettamente chi (almeno tra i loro titoli) aveva più possibilità di vincere un premio alla celebrazione annuale più importante di tutta l'industria videoludica.
    Non si poteva dar loro torto, del resto: Resident Evil 2 aveva ricevuto nomination per ben quattro categorie (Game of the Year, Best Game Direction, Best Audio Design, Best Action / Adventure Game); Devil May Cry 5 ne aveva ricevute solo due (Best Action Game, Best Score / Music). Per una semplice questione di probabilità – che esulava dalla fama, dalla quantità di streaming e dalle vendite dei giochi, tutte a favore del survival horror – era ovvio aspettarsi che sarebbe stato il remake del celebre Biohazard 2 ad aggiudicarsi la vittoria.
    Non fu così.
    Forse, per lo stesso ironico e capriccioso fato che aveva fatto nascere in quel lontano 2001 il leggendario devil hunter, Dante, da un improbabile Tony surrogato di Leon Scott Kennedy, quasi come, secondo la Bibbia, Eva era nata da una costola di Adamo, fu Devil May Cry 5 l’unico titolo Capcom premiato ai Game Awards 2019. Miglior Action Game del 2019, e tanti saluti al remake di Resident Evil 2, che restò sorprendentemente a bocca asciutta nonostante le sue quattro nomination.
    Probabilmente fu questo evento straordinario – per gli appassionati di Devil May Cry ma non solo -, o magari furono le Madonne tirate giù dai direttori Kazunori Kadoi e Yasuhiro Anpo e dai produttori Yoshiaki Hirabayashi e Tsuyoshi Kanda del remake di Resident Evil 2 a determinare una delle più gravi anomalie che il mondo dei videogames avesse mai conosciuto. La notte successiva alla premiazione a Los Angeles, infatti, qualcosa di spaventoso si verificò negli universi dei due storici giochi elettronici firmati Capcom, intrecciando ancora una volta i loro destini.

    Per Leon e Claire iniziò come un rumore, una scarica di elettricità statica alla radio nella sala S.T.A.R.S. della stazione di polizia di Raccoon City; per Dante e Vergil fu un'interruzione intermittente e prolungata alla trasmissione di musica che mandava il juke-box ad un angolo dell’agenzia di cacciatori di demoni di Dante, la Devil May Cry.
    «Dannazione, la comunicazione è disturbata...» osservò Leon, armeggiando con la console che era stata la postazione di Barry Burton fino a poche settimane prima.
    Claire, sorella di Chris Redfield, giunta in città per cercare il fratello scomparso, gli si avvicinò. «Che succede, Leon?»
    «Dante... vieni a dare un'occhiata»
    «Ma che...?» mormorò Leon, udendo la voce uscire dall'altoparlante.
    Il viso di Claire si illuminò. «Qualcuno ci riceve?»
    «Qui polizia di Raccoon City!» esclamò Leon, portandosi il microfono alla bocca «Qualcuno ci riceve? Passo!»
    «Che stai combinando? Ver...?»
    Claire e Leon sentirono i loro cuori battere più veloci. Non riuscivano a capire a chi appartenessero quelle voci, ma erano voci umane, di persone vive, e tanto gli bastava per riaccendere nei loro cuori la speranza. Erano sopravvissuti, come loro.
    «Qui Leon Scott Kennedy dal dipartimento di Raccoon City! Identificatevi! Siete sopravvissuti? Dove vi trovate? Passo!»

    «E il premio come miglior action game dell'anno va a... DEVIL MAY CRY 5!»

    Un boato, una nuova e violenta scarica di energia elettrostatica.
    L'intera console nell'ufficio della squadra speciale di Raccoon City venne avvolta da scintille.
    «Leon!» urlò Claire, tirando via il compagno dal dispositivo, prima che l'oscurità li inghiottisse entrambi. Leon ebbe come ultima percezione quella delle mani di Claire, tiepide e forti, stringersi intorno al suo braccio destro, poi più nulla.
    Fu un po' come svenire, grosso modo, anche se era una sensazione che Leon aveva sperimentato solo una volta in tutta la sua vita quando, da ragazzino, era salito su un ottovolante che correva sui binari a velocità folle, come una scheggia impazzita che occhieggiava tra i palazzi più alti della sua città.
    Si sentì le ginocchia cedere e la testa vorticare furiosamente. Nel malessere generale, nel panico che montava sordo nel suo cuore, ebbe l'unica presenza di spirito di stringere forte a sé Claire, la ragazza che aveva conosciuto solo da poche ore ma che già considerava la sua partner più fidata.
    Qualunque cosa stesse accadendo - come se di guai non ne stessero già attraversando abbastanza, quella maledetta notte, a Raccoon City - avrebbe protetto almeno lei.
    Mentre quella sensazione li inghiottiva entrambi, il rumore delle scariche cresceva, e cresceva, e cresceva, come un ronzio generato da un gigantesco sciame di vespe collocato davanti ad un altoparlante. Arrivò al culmine e poi si spense di colpo, facendo ripiombare il mondo nel silenzio.
    Il mondo. Sì.
    Ma quale mondo?

    «Leon...! Stai bene?»
    La voce di Claire.
    Grazie a Dio, pensò il giovane neo poliziotto del Raccoon Police Department. Non se lo sarebbe perdonato se le fosse accaduto qualcosa di male.
    «Claire...» mormorò, portandosi una mano alle tempie ancora intontite da quel maledetto rumore. «Sì... Sì, sto bene. E tu?»
    «Anch'io» rispose la ragazza, porgendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi.
    Inspiegabilmente, erano finiti sulla strada, di nuovo. Dopo tutta la fatica fatta per raggiungere un luogo sicuro!
    «Che diavolo è successo?» domandò Leon, estraendo subito la pistola dalla fondina e guardandosi attorno. «Siamo di nuovo in strada? Come è possibile...?»
    «Non ne ho idea.» Claire scosse la testa, tirando fuori la Beretta anche lei e posizionandosi dietro Leon, schiena contro schiena, per coprirgli le spalle nel caso in cui venissero circondati dai morti viventi. «Eravamo alla console di trasmissione radio dell’ufficio S.T.A.R.S. e poi... non ricordo più nulla.»
    «Stessa cosa io.»
    «Comunque...» fece la ragazza, senza smettere di guardarsi attorno «Non mi piace stare qui. Potrebbero attaccarci in qualsiasi momento!»
    «Concordo con te» rispose Leon, guardingo. Era notte e le strade della città erano illuminate solo dalla fioca luce dei lampioni e da qualche sporadica insegna ai lati della via.
    Questo posto... non mi è familiare.
    Certo, lui non conosceva bene Racoon City: ci era appena arrivato. E pure Claire.
    «Non ricordo di aver visto questa strada, mentre andavamo alla centrale» disse la ragazza, quasi leggendogli nel pensiero. «E poi... non è strano? In questo quartiere non ci sono posti di blocco, né transenne della polizia e...»
    «E c'è troppo silenzio» completò Leon. «Sì, è decisamente strano. Sembrerebbe addirittura che qui non ci siano zombi...»
    Ad un tratto, un rumore ad un angolo della strada. Un passante sbucò fuori armeggiando tranquillamente col suo smartphone, mentre camminava e fischiettava perfino. Una scena a dir poco surreale, considerando che Racoon City si trovava nel bel mezzo di un’apocalisse zombi.
    Leon e Claire sobbalzarono all'unisono, puntandogli contro le pistole, già cariche e senza sicura.
    «Non ti muovere!» gli intimò Leon, preso alla sprovvista. Quell'ordine non aveva il minimo senso rivolto ad un civile, se ne rendeva conto, ma l'istinto da agente di polizia precipitato di punto in bianco nel caos di Raccoon City infestata dai morti viventi aveva preso il sopravvento.
    «Ehi, ma che cazzo...!» sobbalzò il civile, mollando di colpo la presa sullo smartphone e facendo scattare entrambe le mani verso l'alto. «Ehi, amico, vacci piano!! Prendi quello che vuoi, ma non farmi del male!»
    Claire sbatté le palpebre, interdetta e tesa quanto Leon. «Non vogliamo farti del male» disse, abbassando leggermente la pistola «Il mio amico è un poliziotto.»
    «Cristo santo!» imprecò l'uomo, guardando ora meglio Leon e accorgendosi che sì, era proprio una divisa da poliziotto quella che indossava, anche se non ne aveva mai viste di simili e la sigla che aveva stampata sul petto, "R.P.D.", non trovava corrispondenza in nessuna unità speciale di forze dell'ordine di sua conoscenza. «Se sei un poliziotto perché mi stai puntando un'arma addosso, per Dio!?»
    Leon sussultò e abbassò a sua volta l'arma, senza tuttavia rinfoderarla. «Perché...? Non lo sai?» Lanciò uno sguardo a Claire, che appariva confusa tanto quanto lui. «L'apocalisse... I morti... non hai visto nulla?»
    L'uomo impallidì, come se avesse appena capito di trovarsi di fronte a due squilibrati di mente. «Di cosa stai farneticando...?»
    «Raccoon City è assediata da zombi!» esplose allora Claire, avvicinandosi all'uomo e guardandolo con sospetto. «Non hai sentito nulla? Gli spari, i morti, i feriti...! Possibile che tu non ne sappia niente?» L'uomo indietreggiò, senza darsela a gambe unicamente per il fatto che sia lei che lui impugnavano ancora le pistole.
    «Giuro su Dio che non so di cosa state parlando... Vi scongiuro, adesso, lasciatemi in pace!» supplicò.
    Claire guardò di nuovo Leon e stavolta il suo sguardo era palesemente preoccupato. Com'era possibile che quell'uomo non sapesse nulla? L'epidemia che aveva generato il caos a Raccoon, riempiendo le strade di morte e devastazione, doveva essere iniziata già da tre settimane, se non addirittura da un mese, secondo le loro stime. Era impossibile che i civili non ne fossero al corrente.
    «Okay... Okay, calmiamoci tutti» fece Leon, azzardandosi a mettere via la pistola. «Non ti faremo del male, non ne abbiamo intenzione. Solo... puoi dirmi dove ci troviamo?»
    «Via White Guelf» rispose l'uomo, abbassando a sua volta le mani, con un'espressione però ancora inquieta in volto. «Contea di Crenfole.»
    «Crenfole?» Lo sguardo di Claire saettò da Leon allo sconosciuto, perplesso. «Non siamo a Raccoon City?»
    L'uomo fece un risolino nervoso. «No. Giuro su Dio che non so neanche che cazzo di città è Raccoon City, è la prima volta che la sento nominare! Ora posso andare senza che uno di voi due mi spari ad una gamba a tradimento?»
    Claire rimase a bocca aperta. Non sapeva cosa pensare, la sua mente stava precipitando nel caos e non era in grado di formulare una risposta sensata.
    «Sì» intervenne dopo qualche secondo Leon. «Sì, certo, vai pure e... Scusaci.»
    «Ma ti pare...» fece l'uomo, sibilando tra i denti uno «Strafatti di merda!» e scappando a gambe levate verso l'angolo della strada da cui era sbucato.
    «Ehi, il tuo cellulare!» gli gridò dietro Claire, ottenendo solo di farlo correre più in fretta.
    La ragazza si chinò a raccogliere il dispositivo da terra, quando Leon la richiamò. «Claire... guarda lì.»
    Lei alzò lo sguardo per dirigerlo nella direzione che lui le indicava, e allora la vide: proprio ad una manciata di metri da loro, sul versante opposto della strada, c'era un'insegna al neon rossa che lampeggiava insistentemente sulla facciata di un palazzo. Era impossibile non notarla, tanto era appariscente, ma presi dalla sorpresa di trovarsi catapultati in un altro posto, un’altra città, Leon e Claire non ci avevano prestato attenzione. La scritta, affissa sopra il grande portone di quello che sembrava un ampio monolocale dallo stile retrò, era composta da sole tre lettere: Devil May Cry.
    Mentre Leon analizzava ancora l'insegna, forse chiedendosi che tipo di prodotti o servizi potesse offrire un negozio con quel bizzarro nome e sprovvisto di qualsiasi vetrina (lo stabile, dall'esterno, sembrava una casa privata a tutti gli effetti), Claire abbassò lo sguardo e notò un particolare che al poliziotto era sfuggito.
    «Il portone è aperto... Proviamo a vedere se c'è qualcuno?»
    Leon annuì. «Forse qualcuno potrà darci informazioni o aiutarci a venirne a capo. Magari, potremmo telefonare alla polizia locale.»
    «Giusto...» convenne Claire, anche se non se la sentiva ancora di fare a meno della pistola. «Bussiamo allora.»
    Provarono prima il campanello, ma nessuno dall'interno del locale rispose.
    «C'è nessuno in casa?» domandò allora Leon a voce alta, picchiando con le nocche contro la porta.
    Di nuovo, nessuna risposta.
    Leon interrogò gli occhi di Claire e ci vide riflesso lo stesso smarrimento. Difficile crederlo, ma cominciava a pensare di sentirsi più a suo agio nel bel mezzo della stazione di Raccoon City infestata dai morti ambulanti. «Stiamo entrando in casa» avvisò Leon, riprendendo in mano la pistola, giusto per sicurezza. «Scusateci ma è un'emergenza, siamo della Polizia di Raccoon City e dovremmo fare una...»
    Telefonata.
    La voce morì in gola a Leon quando vide l'interno del monolocale deserto.
    In teoria, non avrebbe dovuto sconvolgerlo più di tanto - niente poteva essere più sconvolgente dei morti che camminavano per le strade, nutrendosi dei vivi e generando in questo modo altri morti viventi, giusto? -, era solo una casa vuota, eppure a Leon sembrò immediatamente che ci fosse una nota stonata tra quelle mura.
    «Che strano...» mormorò Claire, avanzando sul vecchio pavimento in legno con cautela (anche lei teneva la pistola bassa tra le mani). «Le luci sono tutte accese, eppure sembra che non ci sia nessuno.»
    Leon annuì, chiudendo la porta della Devil May Cry alle sue spalle. La loro presenza avrebbe potuto allertare qualche vicino un po' troppo curioso, portando loro altri guai.
    «Leon...»
    Il poliziotto si avvide che la ragazza gli stava indicando qualcosa con un cenno della testa. Sulla sinistra dell'ampio locale c'era una scala che saliva su, conducendo ad una specie di soppalco.
    «C'è nessuno lì sopra?» ritentò Leon, quasi gridando per farsi sentire dai proprietari, nell'eventualità che si trovassero in camera da letto.
    Ma anche stavolta, lo strano monolocale rispose con un silenzio prolungato.
    «Controllo di sopra» bisbigliò Leon a Claire, mostrandole la pistola e togliendo la sicura. «Tu rimani in fondo alle scale.»
    «Va bene.»
    Leon avanzò fino a raggiungere la scalinata, quindi salì lentamente i gradini che dall'unico ambiente centrale della Devil May Cry portavano alla mansarda. A metà strada, poté avere una visione pressoché completa dell'appartamento, che consisteva in un unico ambiente scarsamente arredato. Vicino all'ingresso, collocato un po' più a sinistra rispetto al tappeto centrale e distanziato di circa un metro rispetto alle scale, c'era un tavolo da biliardo; sul lato opposto della stanza, sempre nei pressi dell'ingresso, erano ammucchiati scatoloni e scartoffie dall'aria vecchia di almeno dieci anni. Il centro della sala era pressoché sgombro, con solo un tappeto persiano a coprire il parquet - che aveva visto giorni migliori. Nella sezione più interna dell'ambiente, in fondo rispetto all'ingresso, c'era una larga scrivania in legno massello, probabilmente l'elemento di arredo più appariscente nella stanza... se non si tenevano in considerazione le spade appese ai supporti sulle pareti e i teschi mostruosi sfoggiati come certe teste di cervo o di leone nelle riserve di caccia.
    Buon Dio... cos'è questo posto? continuava a chiedersi Leon, spaesato.
    C'erano anche degli elementi più normali dentro il locale. Un divano in pelle, ad esempio, un piccolo frigorifero - troppo piccolo perché in quella casa ci vivessero più di due persone, stimò con occhio professionale Leon - una chitarra appoggiata alla parete, un altro piccolo scrittoio pieno di carte e... un juke-box. Un oggetto così vecchio e superato tecnologicamente parlando sarebbe apparso strano e fuori contesto in qualsiasi altra casa del ventunesimo secolo, ma non in quella. Tutto lo stile dell'appartamento, in un certo senso, dai vecchi mobili in legno scuro, alle lunghe finestre verticali in vetro smerigliato, al colore e allo stile del divano in pelle, richiamavano uno stile squisitamente retrò. Il proprietario doveva essere un appassionato del vintage – oltre che un collezionista di soprammobili di dubbio gusto.
    Leon distolse lo sguardo da quei lugubri teschi alla parete e tornò a concentrarsi sull'ispezione. Superò l'ultimo scalino e si ritrovò sul soppalco che, come ebbe immediatamente modo di vedere, era di dimensioni davvero esigue se paragonato al piano inferiore del locale.
    C'era un'unica stanza, la camera da letto, come aveva immaginato, e quasi tutta era occupata da un materasso matrimoniale. C'era un solo comodino da un lato, un armadio e una sedia con un mucchio di vestiti accatastati sullo schienale. Il letto era sfatto e dalle impronte sulle lenzuola e sulle federe, sembrava che effettivamente vi dormisse una coppia. Nessun vestito femminile in giro, però; solo pantaloni, magliette, gilet e cappotti pesanti da uomo nei toni del blu e del rosso.
    «Trovato niente?»
    La voce di Claire gli arrivò forte e chiara dal piano di sotto.
    «Nessuno anche qui» rispose Leon, tornando sui suoi passi.
    Uscì dalla stanza e vide che la compagna si era spostata vicino alla grande scrivania della stanza, piena di cianfrusaglie.
    «Ci sono altre due camere, quaggiù. Cucina e bagno, entrambi vuoti. E...» Claire sollevò qualcosa da un box quadrato, posato sulla scrivania: una fetta di pizza. «Qualcuno stava mangiando qui. È ancora calda!»
    Leon raggiunse Claire, sempre più perplesso. Mentre si avvicinava per esaminare la pizza, notò che il piccolo stanzino del bagno era aperto e illuminato.
    «Hai acceso tu la luce?»
    Claire scosse la testa in segno di diniego. «Non sono nemmeno entrata.»
    Leon verificò anche quella stanza e notò subito tre cose. Primo: il vapore acqueo ancora concentrato nel piccolo vano doccia, come una nebbiolina profumata di bagnoschiuma. Secondo: l'asciugamano appallottolato alla rinfusa sulla tavoletta del water chiusa. Terzo: la bomboletta di schiuma da barba aperta e appoggiata sul bordo del lavabo in ceramica, assieme ad un rasoio monouso appena estratto dalla sua confezione. A completare il quadro, il lavandino che gocciolava abbondantemente, come se fosse stato chiuso di fretta.
    Leon fissò il quadro completo degli indizi con una ruga a solcargli la giovane fronte. Chi andava via di casa due secondi dopo essere uscito dalla doccia, proprio mentre stava per iniziare a radersi la barba?
    Chiuse meglio l'erogatore del lavandino, spense la luce e uscì dal bagno per raggiungere Claire nella sala principale della Devil May Cry.
    «Chiunque abitasse qui, sembra che se ne sia andato di gran fretta. Non trovi?» chiese lei, perspicace come sempre - e molto più di certi aspiranti poliziotti che lui aveva incontrato in accademia.
    Leon annuì in riposta. «Già, e non solo. Viste le condizioni in cui è stato lasciato il bagno, e la cena ancora praticamente intatta...»
    «...e le birre fredde» aggiunse Claire, sollevando due bottiglie da 33cl fredde di frigo, poggiate accanto alla pizza.
    «...e le birre fredde» proseguì Leon, aggiungendo quell'elemento alla lista «sembra anche che avesse in programma di tornare subito.»
    «Lo penso anch’io, partner» scherzò Claire. Era la prima volta che Leon la vedeva sorridere così, e le sembrò davvero carina. In un'altra vita, forse, lontani dall'apocalisse zombi che stava infestando Raccoon City, avrebbe potuto chiederle di uscire.
    Anche se loro non erano più a Raccoon City, apparentemente.
    «Forse è meglio chiamare la polizia» propose allora Claire, indicando il telefono sopra alla scrivania (anche questo era in perfetto stile retrò, con tanto di ruota a scorrimento per comporre i numeri telefonici). «Abbiamo anche lo smartphone che ha perso quel passante, per strada... ma forse è meglio non usarlo. Per quanto ne sappiamo, potrebbe già averci denunciato come suoi aggressori.»
    Leon sorrise a sua volta, sorprendentemente lieto di avere a che fare con problemi "normali", come una denuncia per tentata aggressione. «Concordo.»
    Si avvicinò ad un lato della scrivania, lanciando uno sguardo di sfuggita alla fotografia di una donna bionda dentro una semplice cornice sul ripiano in legno - l'unica foto nell'appartamento, apparentemente. Sollevò la cornetta del telefono e ascoltò il segnale di attesa. Stava per comporre il 911, numero unico di emergenza negli Stati Uniti d’America, quando un rumore inaspettato e familiare arrivò alle sue orecchie.
    Leon guardò Claire che lo fissò di rimando, ammutolita.
    BZZZZ.
    Di nuovo quel ronzio.
    Quello che avevano sentito prima di ritrovarsi catapultati sulla strada, in una città che non conoscevano.
    È lo stesso che abbiamo sentito alla centrale, si disse Leon, leggendo i medesimi pensieri negli occhi verdeazzurri di Claire.
    Ad una seconda scarica più forte, che fece nuovamente accendere e spegnere l'insegna della Devil May Cry sopra il portone di ingresso dell'agenzia, la ragazza si voltò di scatto.
    «Leon! Guarda il juke-box...»
    Il neo agente dell'unità speciale di Raccoon City riagganciò la cornetta e assieme alla ragazza si spostò ad un angolo della stanza, dove il juke-box, vicino al divano in pelle, si era improvvisamente animato.
    «Claire...?»
    Una voce infantile, femminile. La voce di una bambina.
    Claire ebbe un tuffo al cuore e un brivido le attraversò le membra impietosamente.
    «Sherry!» gridò, avvicinandosi al juke-box e sbattendo entrambi i palmi delle mani sulla plancia dai colori sgargianti.
    «Claire...» Un'altra scarica di statica, e la voce di Sherry che fuoriusciva a singhiozzi «Cla... ire... Dove sei...?»
    «Sherry! Mi senti? Sherry!»
    Apparentemente, la piccola non riusciva a sentirli.
    Claire si voltò verso Leon, con gli occhi colmi di paura e il mento che le tremava. «Non possiamo lasciarla lì da sola, Leon, dobbiamo tornare da lei! È solo una bambina!»
    Lui le prese le braccia, tentando di tranquillizzarla. «Torneremo, Claire. In qualche modo, ci riusciremo!»
    Il problema era capire in quale modo. Non aveva nemmeno la più pallida idea di dove si trovasse, né di cosa fosse accaduto!
    «Qualunque cosa sia successa, è chiaro che ha avuto inizio da qui» fece Leon, guardando con sospetto il juke-box, di nuovo silenzioso. «...O almeno credo.»
    «Dobbiamo cercare i proprietari del locale. Forse loro ne sapranno qualcosa!»
    Ma un dubbio cominciava a insinuarsi, strisciando come un serpente a sonagli nella mente di Leon, come del resto anche nella mente di Claire.
    E se anche loro non ne sapessero nulla...? Se anche loro fossero vittime di questa specie di anomalia, come noi?
    «Mio Dio... Leon...» Claire si portò le mani alla bocca, gli occhi rabbuiati. Di nuovo, interpretava alla lettera le preoccupazioni del compagno. «E se i proprietari di questo locale fossero finiti a Raccoon City, al posto nostro...?»
    «Calma» fece Leon, cercando di dissimulare la tensione che gli stava montando addosso. «Non è detto che sia così, non abbiamo prove.»
    Ma ci sono ottime probabilità che sia esattamente così, invece.
    La casa abbandonata, la cena sulla scrivania, il bagno ancora pieno di vapore, il rasoio nuovo e mai utilizzato sul bordo del lavandino... Tutti segni palesi del fatto che lì qualcuno stava tranquillamente vivendo la propria vita, e che ad un certo punto era sparito per chissà quale ragione.
    «Leon, è troppo strano, lo vedi anche tu» disse Claire, quasi in un sussurro «Tutto fa pensare che chi viveva in questa casa ha interrotto le sue attività di punto in bianco. E se fosse davvero stato mandato a Raccon City al posto nostro, adesso si ritrova indifeso in una città infestata da zombi!»
    «D'accordo, è possibile» ammise Leon. «Ma non possiamo dirlo con certezza assoluta.»
    Lanciò un'occhiata al vetusto juke-box e parlò di nuovo: «Senti, aspettiamo ancora un po', sperando che i proprietari di questo posto si facciano vivi. A giudicare da come hanno lasciato le cose qui dentro, se sono usciti, torneranno a breve. Nel frattempo ne approfitteremo per cercare informazioni su di loro.»
    «A che pro?» chiese Claire.
    «Per rintracciare i loro parenti o amici, nel caso in cui non si facessero più vivi...» Leon abbassò lo sguardo, per risollevarlo lentamente un attimo dopo e guardare Claire. «Purtroppo, dobbiamo ammettere la possibilità che qualcuno sia davvero finito a Raccoon City al nostro posto... In tal caso, il minimo che possiamo fare è avvisare i familiari e tentare di spiegare la situazione.»
    Claire era pallida e sconvolta, ma come in molte altre occasioni, dimostrò di avere grande presenza di spirito. «D'accordo. Hai ragione. Non credo sarà facile spiegare cosa è successo, ma dobbiamo almeno provare...»
    Leon annuì.
    «E per quanto riguarda Sherry?»
    «La sola cosa che adesso possiamo fare è tenere sotto controllo quel juke-box, nel caso ci fosse un'altra trasmissione... e sperare che lei riesca a sentirci, o riesca a raggiungerci.»
    Claire non nutriva molte speranze: ammesso che quell’affare si attivasse di nuovo, quante probabilità c’erano che Sherry si trovasse ancora in sala S.T.A.R.S., e che ricevesse la loro chiamata?
    Pochissime. Ma l'attesa era la loro unica opzione.

    Edited by Vegethia - 1/4/2020, 20:57
     
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