Demone guardiano

Devil May Cry

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    The storm is approaching

    Group
    Administrator
    Posts
    11,895
    Location
    Red Grave

    Status
    Anonymous
    Fandom: Devil May Cry

    Titolo: Demone guardiano

    Rating: SAFE

    Wordcount: 1660


    COWT Settimana 4, Missione 4: La speranza lascia il posto alla disperazione

    Prompt: 5. I'm on watch here, so close your eyes and get some rest



    All'Inferno non si dorme mai.
    È una lezione che Dante impara molto presto, svegliandosi di soprassalto, madido di sudore e col cuore martellante nel petto, solo poche settimane dopo aver lasciato la Terra.
    Apre gli occhi e la prima cosa che vede dinnanzi a sé è la luce indistinta del fuoco che balugina in una grotta buia e angusta. La consapevolezza di trovarsi all'Inferno impiega qualche secondo a raggiungere la sua mente, ma poi lo investe, lo travolge come un SUV lanciato a velocità folle sulla statale che imboccava sempre per uscire dalla città e dirigersi verso il punto di prelievo di Morrison, dove lo attendeva un elicottero pronto al decollo, per accompagnarlo nelle sue missioni fuori dal Paese.
    Ma ora non ci sono SUV, non ci sono elicotteri, non esistono città da raggiungere. Soprattutto, non ci sono posti sicuri dove dormire. A confermarglielo è un secondo ringhio, più forte e più rabbioso di quello che lo ha svegliato, che si trasforma in un ululato feroce e riecheggia nella grotta, facendo persino tremare le fiamme.
    Dante scatta a sedere e cerca a tentoni la spada. La testa gli pulsa furiosamente, non connette, e solo dopo diversi secondi di panico gli ricorda che adesso la Devil Sword, sua letale compagna, è parte di lui, e può evocarla semplicemente immaginandola nella sua mano. Con qualche difficoltà, il mezzo-demone evoca la spada, la impugna e si guarda intorno, guardingo, scorgendo poco distante da lui un piccolo fuocherello che crepita, alimentato da qualche legnetto e da una manciata di foglie secche. Si guarda intorno, disorientato, circondato unicamente dalle glabre pareti di una caverna di cui non serba memoria. Non sa come ci è finito, lì dentro. Non ricorda nemmeno di esserci entrato, e non ha alcun punto di riferimento per capire dove si trovi o che ore siano.
    La caverna è piccola e fredda, non più larga di tre metri per tre, e ha tutta l'aria di essere un rifugio improvvisato. Dante si mette in piedi per esplorarla, ma sente girare la testa e l'ambiente circostante prende a vorticare frenetico attorno a sé.
    Il devil hunter perde l'equilibrio, si accascia ad una parete con la schiena, respirando affannosamente.
    Solo allora identifica l'origine del suo malessere: un formicolio diffuso per tutto il torace. Abbassa lo sguardo e nota il sangue scuro raggrumato sulla sua maglia. La stoffa è crivellata da una miriade di fori simili a pugnalate, che portano l’inconfondibile firma dell’Inferno. Dante solleva l'indumento per scoprire la pelle e si rende conto che - se non altro - è già cicatrizzata, ma ancora sensibile al tatto.
    Allora, finalmente, comincia a ricordare.
    La sua ultima battaglia nelle terre infernali lo aveva visto impegnato contro un vero e proprio esercito di Empusa, orribili demoni dalle sembianze di formiche un po’ troppo cresciute e assetate di sangue. Ne aveva affrontate molte sulla Terra, quando il Qliphoth aveva allungato le sue radici mortifere nel regno degli uomini, ma quelle che aveva fronteggiato stavolta gli erano sembrate più tenaci e resistenti. Lo avevano messo a dura prova.
    Ricordava di essersela vista brutta, per un momento, quando il cielo sopra la sua testa era stato offuscato da quelle creature immonde, che lo avevano assaltato, gridando, trafiggendolo coi loro pungiglioni, lacerandogli la carne con le loro grottesche mandibole a tagliola. Dante aveva dovuto risvegliare i suoi poteri demoniaci per non essere sopraffatto, ma alla fine, l'aveva spuntata - com'era normale che fosse, per il figlio del leggendario Cavaliere Sparda. Le aveva sterminate tutte.
    "Visto? Vado alla grande" si era vantato con Vergil, quando lui...
    Merda.
    Vergil.
    Dov'era finito suo fratello?

    Dante spalanca gli occhi, rendendosi conto di essersi appisolato di nuovo, contro la roccia, praticamente in piedi. Si guarda di nuovo intorno, per escludere la remota e improbabile ipotesi che non abbia visto la sagoma del fratello a causa della vista annebbiata. Ma Vergil non è lì.
    «Vergil?»
    Dante si stacca dalla parete e si rimette in piedi, barcollando leggermente. Usa la spada come appoggio, anche perché non è in grado di reggerla: sembra molto più pesante del normale. In realtà, l’unica cosa non normale è che lui si senta così debole. Le ferite riportate in battaglia, contro quei demoni inferiori, non gli hanno mai fatto quell'effetto, ma in questo momento le sue condizioni fisiche sono l'ultimo dei suoi pensieri.
    Ha perso di vista Vergil per la prima volta da quando sono all'Inferno insieme, e anche se questo non significa nulla, viene assalito da una paura irrazionale.
    Dante si sforza di ricordare.
    Dopo l'attacco degli Empusa, si era rimesso in cammino con Vergil, di questo è sicuro, e Vergil gli aveva detto qualcosa, ma poi... poi Black out. Oltre la fine della battaglia, la sua mente non afferrava più nulla.
    Muove un passo verso il fuoco e una voce dentro di lui, la voce della ragione, gli dice di stare calmo: probabilmente è stato Vergil ad accenderlo, perché lui non si ricorda di averlo fatto.
    Non riesce comunque ad aspettare lì con le mani in mano, anche se non si sente nelle condizioni di camminare, figurarsi di combattere. Nota uno stretto passaggio sulla parete rocciosa, che probabilmente conduce all'esterno, perché un vento freddo soffia da quella direzione.
    Dante percorre il corridoio, e prova di nuovo a chiamare suo fratello, ma di nuovo non riceve risposta. Sente solo dei ringhi lontani, le urla strazianti dei dannati e i fischi impetuosi delle raffiche di pioggia. Avanza nello stretto passaggio per quattro, forse cinque metri, immerso in un buio pressoché totale. Supera una curva a gomito e solo allora vede ricompare un barlume di luce. La pallida e spettrale luce dei satelliti che illuminano la volta oscura dell'Inferno.
    «Vergil?» Dante lo chiama di nuovo, a voce più alta, e non può fare nulla per nascondere una nota di allarme nel suo tono di voce.
    Ma contro ogni sua più nefasta aspettativa, stavolta, la sagoma del gemello appare di fronte a lui.
    «Dante?» Vergil lo fissa appena oltre l'ingresso della caverna, zuppo di pioggia e coi capelli scarmigliati dal vento. «Che ci fai in piedi?»
    Dante tira un sospiro di sollievo dentro di sé, ma come la mente si rilassa, anche le sue gambe cedono. È costretto a cercare di nuovo la parete per non cadere, ma Vergil arriva prima di lui e lo sostiene per le spalle.
    «Dovevi restare accanto al fuoco, sciocco. Hai la febbre.»
    «Non capisco...» farfuglia Dante, confuso. «Cosa mi è successo?»
    «Non ricordi le centinaia di Empusa che ti hanno usato come tabellone per il tiro al bersaglio?»
    «Sì... quelle me le ricordo» risponde Dante, toccandosi la maglia lacerata dalle bestie con una mano. «Ma credevo di averle sconfitte.»
    «Lo hai fatto» conferma Vergil, sospirando. «Ma i demoni Empusa rilasciano tossine con ogni loro attacco. Di norma non ci sono conseguenze, per demoni come noi, ma qui non stiamo parlando di un solo morso...»
    Vergil accenna alla maglia di Dante, scuotendo un poco il capo, quasi a sottolineare la scelleratezza del suo combattimento. «Parliamo di uno sciame di centinaia di elementi. Per questo ti avevo detto di aspettare e di non caricarli a testa bassa!»
    «Suvvia, sono demoni inferiori! Non hai idea di quanti ne ho schiacciati, sulla Terra.»
    «Lo so perfettamente. E so che non erano così tanti.» Vergil ora lo scruta con aria di rimprovero, fissandolo coi suoi occhi di ghiaccio «Dopo che li hai sconfitti, hai cominciato a risentire del loro veleno. Hai camminato per dieci metri e sei svenuto.»
    «Cazzo. Davvero?»
    «Davvero. E se non ci fosse stato nessuno a raccoglierti, probabilmente saresti diventato un buon pasto per qualche altro demone inferiore.»
    «Oh, non farla così tragica...»
    «Dico le cose come stanno, Dante. Non sono molti i demoni in grado di competere con noi, ma qui, in queste terre, loro sono numericamente superiori e più forti di quelli che hai incontrato sulla Terra. Devi essere prudente.»
    Dante è ancora stordito, ma si rende conto che quel discorso non è intriso di rabbia, bensì di preoccupazione. Qualcosa che pensava che Vergil non fosse più in grado di provare per lui.
    «Okay, okay. Il tuo fratellino ha imparato la lezione» dice, sorridendo debolmente e raddrizzandosi sulle gambe.
    Vergil inarca un sopracciglio. «Sul serio?»
    «Sicuro. Tu hai più esperienza di me, qui. E francamente, non ci tengo a finire bersagliato ancora da quelle maledette formiche.»
    Vergil risponde con un sorriso, un’altra cosa che Dante pensava di aver perso per sempre con la sua infanzia. Ma è bellissimo ricredersi ogni volta.
    Poi all'improvviso, un nuovo ululato squarcia la notte, seguito dalle grida dei peccatori, così disperate da far accapponare la pelle.
    «Che ha da lamentarsi, quella bestiaccia?»
    «È Cerbero. Sorveglia la palude dei golosi, nel terzo girone infernale, esattamente sotto questa montagna...»
    «Non mi sembra un posto molto carino dove fermarsi a riposare.»
    «Nessun posto lo è, all'Inferno» commenta Vergil, evitando di aggiungere che con Dante svenuto, non gli era sembrato il caso di andare troppo lontano. «Ma è per questo che ci sono io di guardia. Perciò ora torna dentro e fatti un sonnellino.»
    Dante guarda di nuovo fuori, dove la montagna si affaccia sulla palude e la pioggia e la grandine si abbattono su tutto ciò che trovano sulla loro strada, funestando l’intero paesaggio. Poi sosta a guardare Vergil, completamente zuppo. «Non mi va di lasciarti da solo a divertirti qui fuori, sotto la pioggia» dice ironico.
    «Hai bisogno di riposare, Dante. Vai a dormire e non costringermi a stenderti come sai.»
    «Okay... non insisto.» Dante alza le mani in segno di resa. Fa per tornare dentro la caverna, davanti al fuoco, nel suo giaciglio, ma all'ultimo momento si volta a guardare il fratello.
    «Ohi, Ver... Grazie.»
    Vergil lo guarda per un lungo momento, poi lo saluta con un cenno della mano. Rimane di guardia tutta la notte, in ascolto. Sotto il rumore della pioggia, tra un latrato e l’altro di Cerbero, sente il respiro sereno di Dante. E restare svegli all'Inferno non gli sembra poi così male.
     
    Top
    .
0 replies since 29/2/2020, 22:51   23 views
  Share  
.