A Lucifero chiederemo lo sconto famiglia

Devil May Cry

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    Fandom: Devil May Cry

    Titolo: A Lucifero chiederemo lo sconto famiglia

    Rating: NSFW

    Avvertimenti: Incesto

    Genere: Erotico, Romantico

    Pairing: Vergil/Dante

    Wordcount: 2500 (citazione e traduzione esclusa; Highway to hell degli AC/DC)



    COWT Settimana 4, Missione 3: Obblighi come catene

    Prompt: 6. Non commettere adulterio o atti impuri





    Domenica mattina. Sei giugno. Ore sei e sei minuti secondo il vecchio orologio a pendolo accatastato tra le scartoffie e gli scatoloni ad un angolo della sala principale del Devil May Cry, ore undici e cinquantasei secondo il notiziario locale.
    Vergil aveva appena mandato giù l’ultimo sorso del suo caffè rinforzato, rigorosamente amaro, e se ne stava in contemplazione davanti alla scrivania dell’ufficio, lo sguardo lievemente corrucciato e ancora annebbiato sonno, a cercare un buco di spazio libero dove poggiare la tazzina, senza trovarlo.
    Assurdo.
    Erano trascorsi poco più di due mesi dal suo ritorno dall'Inferno con Dante e quasi altrettanti da quando lui, nuovo amministratore e socio al 49% del Devil May Cry, aveva avuto abbastanza potere decisionale per assumere una donna delle pulizie e farla venire regolarmente il lunedì mattina e occasionalmente il venerdì pomeriggio di ogni settimana, ma suo fratello riusciva nell'impresa di ripristinare il caos su quella maledetta scrivania nel giro di poche ore.
    Se non ci fossero prove schiaccianti del contrario, giurerei che è stato adottato, pensò Vergil, lanciando uno sguardo eloquente alla fotografia della madre, Eva, che tra le cianfrusaglie e gli scarti della cena del giorno prima sorrideva serafica, protetta dietro il vetro lindo della cornice.
    Con uno sbuffo, Vergil spinse un cartone della pizza vuoto verso il centro del tavolo ammassandolo alle riviste, ai bicchieri e alle bottiglie di Jack Daniel’s per ritagliarsi un angolo di spazio. Vi posò la tazzina e usò la mano per massaggiarsi una tempia, senza preoccuparsi, almeno per il momento, di sistemarsi i capelli che gli ricadevano disordinati sulla fronte.
    Si sentiva ancora intontito dalla notte precedente, ma la colpa non era da attribuire alle poche ore di sonno (Vergil non aveva mai dormito veramente per più di due ore di fila, all’Inferno, con o senza Dante a montare di guardia); bensì del maledetto whiskey e dell’incommensurabile idiozia di suo fratello, che come attività ricreativa del sabato sera aveva scelto un gioco alcolico. Vergil avrebbe preferito evitarlo – non era abituato a bere in quantità eccessive, nonostante fosse un mezzo demone e reggesse naturalmente l’alcol meglio di un qualsiasi essere umano – ma messo davanti alla sfida e alle provocazioni di Dante, non aveva saputo, o voluto, tirarsi indietro.
    Quanto alcol avevano ingurgitato, nel giro di tre ore dopo la mezzanotte? Vergil non ne aveva idea. Contava tre bottiglie di Jack Daniel’s vuote sul tavolo, ma ai piedi del divano ce n’erano altrettante di Devil’s Kiss (una birra scozzese artigianale che gli aveva procurato Lady), e quello era stato solo prima che Dante si spogliasse davanti a lui per rimanere completamente nudo, eccetto che per gli stivali e il cappello da cowboy, e si lanciasse in uno spettacolino osé su per le scale, invitandolo a continuare a bere in camera da letto.
    Vergil ricordava a stento di aver pensato a quanto fosse vergognosamente osceno e a quale stratosferico livello di stupidità arrivasse la mente brilla di suo fratello; poi ricordava solo il membro pulsante di Dante in bocca, le sue mani serrate tra i capelli che lo premevano sempre più a fondo, e un attimo dopo il suo seme che gli schizzava in gola senza dargli il tempo di allontanarsi, così irruente da farlo quasi soffocare.
    Persino nella frenetica eccitazione del momento, Vergil aveva avuto l’impulso fortissimo – e per nulla nuovo, tra quelle quattro mura – di massacrare suo fratello, ma si era frenato davanti alle goffe premure di Dante che, rintronato dall’alcol e dalla violenza dell’orgasmo, gli aveva accarezzato confusamente il viso, farfugliandogli un “Sei bellissimo” con le guance paonazze e gli occhi appannati di piacere, per poi crollare sul materasso in stato catatonico. In sostanza, avevano bevuto come due spugne anche in camera da letto, prima e durante il sesso.
    Stupido idiota, pensò Vergil tra sé e sé. Ma era difficile dire a chi dei due fosse più corretto rivolgere il commento. Perché se Dante era nato idiota e a quarant’anni suonati ormai non ci si poteva meravigliare della sua sfortunata condizione, lo stesso non si poteva dire di lui. Vergil non era un idiota e non si era mai comportato in modo così... così... inappropriato. Non fino a quando il gemello scemo non era rientrato nella sua vita e lo aveva trascinato nel girone infernale dei lussuriosi.
    «Buongiorno...»
    Come a dire: parli del diavolo.
    Dante si palesò sulle scale che dalla mansarda scendevano all’ampia sala principale del Devil May Cry adibita ad ufficio, i capelli scompigliati davanti alla faccia e una barbetta impertinente su collo, mento e guance. Nemmeno a dirlo, era ancora a dorso nudo e scalzo, con la sola decenza di un pantalone indosso: il connubio perfetto tra trasandatezza e sensualità.
    Il devil hunter ciondolò giù per le scale sbadigliando e strofinandosi gli occhi. «C’è del caffè anche per me?»
    Vergil annuì, indicando con un cenno la cucina.
    Dante fece per raggiungerla ma a metà del tragitto, davanti alla scrivania, si fermò per osservare il viso del fratello. Quello, ancora alle prese con i lievi ma persistenti postumi della sbornia, non ci fece caso, finché non vide comparire sulle labbra dell’altro un sorriso sardonico.
    «Cosa c'è?» domandò, inarcando appena il sopracciglio.
    «Adoro i tuoi capelli da appena sveglio» il sorriso di Dante si accentuò, palesandolo per l'ebete senza speranza che era «Somigliano tanto a quelli di un figo che conosco.»
    Poi, prima che Vergil potesse ribattere o provare a mollargli un pugno in faccia, gli schioccò sulle labbra il casto bacio del buongiorno. «Dormito bene?»
    «Più o meno.»
    «Non sembra.»
    In effetti, Dante aveva l’aria decisamente più riposata e rilassata di lui. Vergil alzò le spalle, nascondendo a fatica una nota di disappunto. «Le sregolatezze della vita umana sono la tua specialità, non la mia.»
    Dante ridacchiò, scostandogli con un indice alcune ciocche albine dalla fronte. «Forse abbiamo alzato un po’ troppo il gomito ieri sera.»
    «Forse?» sbuffò Vergil.
    «Però è stato fantastico.»
    «Parla per te» Vergil si voltò da un lato, accostandosi col fondoschiena alla scrivania. Si massaggiò di nuovo una tempia: il mal di testa non gli dava tregua.
    Dante lo studiò per qualche secondo senza replicare, poi si riposizionò di fronte a lui. «Io un’idea per farti stare meglio ce l’avrei...» sussurrò, posandogli un’audace carezza sul cavallo dei pantaloni.
    Vergil trasalì, bloccando il polso di Dante e allontanandolo istintivamente. «Che ti salta in mente?»
    «Eddaaai...» quasi lo pregò l’altro, avvicinandosi al suo viso abbastanza da far sfiorare le punte dei loro nasi «Ieri ci siamo fermati sul più bello, e poi non mi sono preso cura di te abbastanza...»
    «Non ho alcun bisogno che tu ti prenda cura di me, Dante.» In effetti, Vergil l’aveva pensata diversamente quando lo aveva visto crollare addormentato la notte scorsa, durante quelli che avrebbero dovuto essere i preliminari, ma era mezzo ubriaco, eccitato all’inverosimile e per nulla in grado di ragionare con lucidità. Ora aveva recuperato il suo contegno. «Tra l’altro, a dispetto di quanto dica il tuo orologio, è già mezzogiorno.»
    «E allora? Oggi è domenica, siamo chiusi.»
    «I demoni non aspettano il lunedì per uccidere.»
    Dante alzò le spalle in un gesto indifferente. «Ma noi sì.» Si spostò ad un lato del divano, dove avevano sistemato il juke-box. Silenziò il notiziario e selezionò uno dei suoi brani rock preferiti. «Sono le politiche del Devil May Cry.»
    «Certe politiche andrebbero riviste» commentò critico Vergil.
    «Non questa. E di sicuro non ne discuteremo oggi, socio.» Dante fece schioccare la lingua, ruotando la manopola del volume quasi al massimo. «Poi, per quanto riguarda quello che abbiamo interrotto ieri...»
    Ancheggiando al ritmo della chitarra elettrica, il cacciatore di demoni tornò vicino al fratello. Piegò il viso da un lato e lo baciò in bocca, con la lingua, così peccaminoso da fare impallidire il bacetto di pochi minuti prima. «Ti sfido a resistermi.»
    «Smettila, Dante, è pieno giorno...»
    Ma quello, per tutta risposta, scese a baciargli il collo, succhiandolo all’altezza del pomo d’Adamo. «Chiudi gli occhi e fingi che sia notte» suggerì. Poi s’inginocchiò davanti a lui e gli sbottonò i pantaloni.
    Vergil lo fissava interdetto, titubante, incapace di prendere una decisione. Guardò la sala del Devil May Cry inondata di luce e si sentì scoperto, nemmeno fossero nel bel mezzo di una strada affollata. Lo metteva a disagio farlo lì, a quell’ora, nonostante i vetri smerigliati alle finestre. Ma Dante... Dante aveva quel modo spregiudicato di stargli addosso, di desiderarlo, di toccarlo, che lo avvinceva ogni volta, e lui poteva solo restare paralizzato, preda della tentazione e della curiosità, a guardare fino a che punto si sarebbe spinto.
    Infine lo vide abbassargli la cerniera coi denti e, mentre Dante lo fissava, mentre nei suoi occhi azzurri guizzava la stessa malizia che li aveva fatti avvicinare la prima volta, per nulla scalfita dagli anni e dagli screzi intercorsi tra loro, Vergil seppe che il desiderio di possederlo era più forte della ragione, anche stavolta.
    «Puoi fermarmi, se vuoi» gli ricordò Dante, una smorfia sorniona dipinta sulle labbra. Insinuò le dita oltre l’elastico degli slip, li abbassò quanto bastava e accarezzò il membro di Vergil con una mano, percorrendolo in tutta la sua lunghezza. Lo sentì subito pulsare di eccitazione sotto i polpastrelli, tanto che, quando gli posò un bacio sulla punta, lo trovò praticamente già duro.

    "Living easy, living free – Vivo alla grande, vivo in libertà
    Season ticket on a one-way ride – Ho un biglietto per una corsa di sola andata
    Asking nothing, leave me be – Non chiedo niente, lasciami stare
    Taking everything in my stride – Prendo tutto quello che trovo sulla mia strada"


    Mentre la voce degli AC/DC rimpiazzava il silenzio nel Devil May Cry, Vergil agevolò il lavoro al fratello spostandogli i capelli dalla faccia. Dante li aveva più lunghi dei suoi, perciò era facile tenerglieli raccolti dietro la nuca.
    Il mezzo-demone gli lanciò un altro sguardo provocante, dal basso, per non perdersi la sua reazione mentre cominciava a leccarlo con la lingua. Poi accolse il membro del fratello tra le labbra, spingendolo tutto nella sua bocca.
    Vergil si sentì avvampare. Socchiuse le labbra in un gemito muto e serrò le dita tra i capelli di Dante, accompagnando ogni suo affondo. Il sangue prese a pompargli furioso nelle vene e l’eccitazione cancellò ben presto ogni altra sensazione. Il mal di testa era solo un lontano ricordo. C’era solo Dante. Dante che divorava ogni centimetro del suo sesso e lo mandava a fuoco.
    Vergil usò la mano libera per poggiarsi alla scrivania mentre le scariche di piacere aumentavano, propagandosi come scosse elettriche dal suo ventre a tutte le terminazioni nervose. Sentiva che in breve sarebbe arrivato al punto di non ritorno, ma non voleva concludere così. Non voleva essere il solo a godere, perché più eccitante della bocca di Dante attorno al suo sesso, c’era solo sentire Dante sul punto di esplodere insieme a lui.
    «Basta così» mormorò, tirando indietro i capelli del gemello, sentendo la sua erezione contro l'aria fredda pulsare insoddisfatta.
    Non era l'unica ad esserlo: anche Dante, riaprendo gli occhi, sembrava deluso di essere stato interrotto. «Perché mi hai...»
    Vergil gli prese la testa tra le mani, lo tirò a sé, invitandolo a rialzarsi, e lasciò che a spiegargli le sue intenzioni fosse un lungo e passionale bacio. Dante se ne sorprese, ma solo per un istante. Poi ricambiò, fremendo di piacere non appena sentì le mani dell’altro abbassargli i pantaloni e scivolargli nelle mutande senza nessun pudore.
    «Andiamo in camera» riuscì finalmente a dire Vergil, quando le loro labbra si staccarono per riprendere fiato.
    Dante non smise di cercare la sua bocca. «Perché...?» ansimò. Lo baciò di nuovo. Sul mento, sul collo. Di nuovo sulle labbra, in preda ad un fervore insaziabile. «Perché non qui?»
    Vergil lanciò un'occhiata perplessa alla scrivania, e Dante risolse in un attimo, spazzando con l'avambraccio gran parte delle cianfrusaglie che c'erano sul tavolo e facendole cadere per terra - con l'unica accortezza di risparmiare le bottiglie e la foto della madre.
    «Qui... facciamolo qui. Mi eccita.»
    «Non credo sia...»
    «Più tardi rimetto tutto a posto, giuro» fece Dante, sfilandosi del tutto i pantaloni e voltandosi verso la scrivania per dare piena visuale del suo sedere al fratello. «Ora però fottimi, non resisto.»

    "Don’t need reason, don’t need rhyme – Non ho bisogno di una ragione, non mi serve una rima
    Ain’t nothing I would rather do – Non c’è nient’altro che vorrei fare
    Going down, party time – Vado giù, è ora della festa
    My friends are gonna be there too – Ci saranno anche i miei amici"


    Senza farselo ripetere una seconda volta, Vergil piegò Dante in avanti, sulla scrivania, gli afferrò le natiche e si spinse dentro di lui.
    Dante non era preparato a dovere, ma Vergil era sovreccitato, impaziente, e vinse la resistenza. Gemettero entrambi, col fiato spezzato di dolore e di piacere.
    Quando il senso di vertigine si attenuò e l’aria tornò a riempirgli i polmoni, Vergil si mosse all’indietro, strinse con le mani i fianchi fratello e lo penetrò di nuovo con forza, fino in fondo.

    "I’m on the highway to hell – Sono sull’autostrada per l’inferno
    On the highway to hell – Sull’autostrada per l’inferno
    No stop signs, speed limit – Non ci sono segnali di stop o limiti di velocità
    Nobody’s gonna slow me down – Nessuno riuscirà a farmi rallentare"


    Sì, faceva male.
    Sì, godeva da impazzire.
    Dante assecondò i suoi affondi, spingendoglisi contro il bacino in una folle rincorsa al piacere.
    Esattamente come accadeva quando si fronteggiavano sul campo di battaglia, sembravano non poterne avere mai abbastanza l'uno dell'altro. Il loro era un continuo incontrarsi e scontrarsi; perdersi e ritrovarsi nello stesso insaziabile desiderio.

    "Hey Satan, payed my dues – Hey Satana, ho pagato I miei debiti
    Playing in a rocking band – Suono in un gruppo rock
    Hey Momma, look at me – Hey mamma, guardami
    I’m on my way to the promised land – Sono sulla mia strada per la terra promessa"


    Vergil aumentò il ritmo delle spinte. Poi strinse la mano destra sul membro di Dante e iniziò a masturbarlo forsennatamente.
    Dante si contrasse, spalancando gli occhi per l’improvvisa scarica di piacere. Gli occhi gli caddero sulla fotografia della madre e in un ultimo barlume di lucidità abbassò la cornice sulla scrivania.
    Poi la sua mente non registrò più nulla. Né il volume troppo alto della musica, né i colpi alla porta, tanto meno il rumore della chiave che girava nella serratura.

    "I’m on the highway to hell – Sono sull’autostrada per l’inferno
    Don’t stop me – Non fermarmi
    I’m on the highway to hell – Sono sull’autostrada per l’inferno
    And I’m going down all the way – E sto andando giù lungo tutta la strada

    I’m on the highway to hell! – Sono sull’autostrada per l’inferno!"


    Vergil gli diede una spinta poderosa, stringendogli il pene gonfio nella mano. Per Dante, fu come schizzare tra Paradiso e Inferno in un unico istante. Venne, gemendo il nome di suo fratello, e un attimo dopo Vergil esplose dentro di lui, invadendolo con un'ondata di calore.
    Dio, è stato perfetto.
    O meglio, sarebbe stato un orgasmo perfetto, se solo...
    «...Dante...? Papà...!?»
    ...Se solo sull’uscio della porta non ci fosse stato niente e poco di meno che Nero, a fissarli con gli occhi sbarrati.
    Persino col fiato affannato e in pieno deficit di ossigeno, Dante sentì distintamente il respiro di Vergil venire meno.
    «...Nero...?» la sua voce fu poco più che un sussurro.
    Nero balbettò qualcosa, impietrito. Dante non lo vedeva bene, non era sufficientemente lucido (e in parte ringraziò di non esserlo).
    «Ma che... CAZZO...!?!»
    Scioccato, destabilizzato e presumibilmente traumatizzato da ciò che si era trovato di fronte, il ragazzo girò sui tacchi e uscì dal Devil May Cry, sbattendosi la porta alle spalle.
    Oh, merda.
    Un commento che con ogni probabilità attraversò anche la mente di Vergil.
    «Nero! Dannazione...»
    Vergil uscì in fretta e furia dal corpo di Dante, tirandosi su i pantaloni ed appellandosi a tutta la sua buona educazione per non imprecare quando notò che la cerniera non gli si chiudeva.
    «Oh, non lo rimetterai dentro facilmente, quello...» osservò Dante con un sorriso, spostandosi i capelli dalla fronte sudata.
    «STAI. ZITTO.» Vergil lo trucidò con lo sguardo. «Nel caso non te ne fossi accorto, mio figlio, tuo nipote, ci ha appena visti fornicare!»
    Dante alzò le spalle. Prima o poi, Nero lo avrebbe scoperto comunque - anche se, certo, riconosceva che quello non fosse esattamente il modo più elegante per scoprirlo.
    «Tu digli di non preoccuparsi, che tanto all’Inferno ci conoscono già. E a Lucifero chiederemo lo sconto famiglia.»

    Edited by Vegethia - 29/2/2020, 16:07
     
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