Non è troppo tardi

Devil May Cry

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    The storm is approaching

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    Fandom: Devil May Cry

    Titolo: Non è troppo tardi

    Rating: SAFE

    Genere: Fluff, Slice of Life

    Wordcount: 900

    COWT Settimana 3, Missione 1: Luna nuova





    «Tienilo» disse Nero, porgendo a Vergil il piccolo Credo. Era nato da quasi due settimane, ormai, e il nonno non lo aveva ancora mai tenuto in braccio.
    Negli occhi del demone azzurro si accese una nota d’allarme. «Perché?»
    «Come sarebbe perché?» ridacchiò il ragazzo «È tuo nipote!»
    Vergil non rispose, lanciando occhiate titubanti ora a lui, ora al bimbo mezzo addormentato che reggeva in braccio. «Non ne ho mai preso uno così piccolo.» Per la verità, non aveva mai avuto a che fare con nessun bambino, da quando era diventato adulto. Escludendo Dante, che aveva superato i quarant'anni insieme a lui, ma restava un eterno ragazzino.
    Nero alzò le spalle. «È facile. Ecco.» Così dicendo, appoggiò il piccolo Credo al petto di Vergil. «Tienilo da sotto con una mano, e con l'altra sorreggi la testa. L’importante è che la testa abbia sempre un sostegno, me l'hanno spiegato in ospedale.»
    Vergil eseguì le istruzioni del figlio alla lettera, reggendo il bambino con entrambe le braccia. Era un fascio di nervi, le spalle rigide, la schiena tesissima; sembrava che stesse tenendo una statua di cristallo e che temesse di romperla anche solo guardandola.
    «Visto? Facilissimo!» Nero sorrise, alzando entrambi i pollici in alto. «Tienilo tu mentre vado a dare un’occhiata in cucina. Nico e Dante stanno aiutando Lady a preparare la cena, ma non mi fido nemmeno un po’.»
    «E fai bene» aggiunse Vergil, pensando che Dante al massimo poteva aiutare ad assaggiarla, la cena, o a fregarsi la sua porzione. «Ma... non vuoi che lo porti a Kyrie?»
    «Ma no, vai alla grande con Credo!»
    Vergil annuì, non troppo convinto, cercando di apparire meno nervoso di quanto fosse in realtà mentre Nero usciva dalla stanzetta.
    Tra le sue braccia, il piccolo Credo cominciò a muoversi. Schiuse appena le palpebre, mostrando gli occhi grandi di un colore ancora indistinto, un blu profondo che alla luce delle lampade assumeva incredibili sfumature di verde. I capelli non erano albini, bensì di un bellissimo biondo cenere, una tonalità poco più chiara di quelli di Kyrie.
    Anche se era il primo bebè che vedeva, Vergil credeva che fosse il più incantevole sulla faccia della Terra, e pian piano iniziò a rilassarsi, mentre il piccolo sonnecchiava stretto a lui.
    «Si può?» chiese poco dopo una voce delicata, femminile, bussando alla porta.
    Era Kyrie, la moglie di Nero.
    «Certo» fece Vergil «Sei venuta per lui?»
    «Oh, no, Credo ha già mangiato» rispose la ragazza. «Io... ero venuta per parlare con lei, Vergil. C’è una cosa che vorrei mostrarle, mentre non c’è nessuno.»
    Il devil hunter notò allora che la ragazza stringeva in mano una busta. Non conosceva Kyrie molto bene e non riusciva a immaginare cosa potesse contenere. «Di cosa si tratta?»
    Kyrie si sedette accanto a lui, sul lettino che Credo avrebbe occupato solo tra qualche anno. «Ci terrei che avesse questa. È l’unica che ho di quel periodo, purtroppo... ma è abbastanza nitida. Oh, dia pure Credo a me.»
    Vergil lasciò il nipote tra le braccia di Kyrie e prese la busta che lei gli porgeva. Conteneva solo una foto a colori, con un unico soggetto impresso sulla carta: un bimbo dai capelli albini e dalla pelle chiarissima. Vergil sussultò, sfiorando l’immagine con la punta delle dita.
    «È... Nero?»
    Kyrie annuì, un sorriso carico di tenerezza a farle capolino sulle labbra. «Sì! Non era un bambino bellissimo? Mi hanno raccontato che all’ospedale di Fortuna rimasero tutti incantati, quando lo videro. Le infermiere del reparto, i medici, persino le partorienti lo hanno ammirato per giorni!»
    Vergil sorrise a sua volta. Immaginava che un bambino con quelle fattezze non si vedesse tutti i giorni, nel mondo umano.
    «Vorrei che tenesse lei la foto» fece Kyrie.
    «Ma hai detto che è l’unica che hai.»
    «Sì, ma lei è suo padre. È giusto che la tenga lei. Mi rammarica che non abbia potuto vedere Nero quando era così piccolo...»
    Lo sguardo di Vergil si velò di malinconia. Non aver visto nascere e crescere Nero era solo una delle tante cose di cui anche lui si rammaricava. E per quanto l’attività di cacciatore di demoni con Dante gli consentisse di espiare in parte le sue colpe, niente e nessuno gli avrebbe restituito gli anni persi con suo figlio.
    «Grazie, Kyrie.» Disse alla fine, conservando con cura la foto.
    «Non c’è di che.»
    Calò un silenzio un po’ nervoso, scandito solo dal ticchettio dell’orologio e dal respiro sereno di Credo. Poi, quando Vergil stava per alzarsi per raggiungere Dante, Nero e le ragazze in cucina, Kyrie parlò di nuovo.
    «Signore? Forse non c’è bisogno che glielo dica, ma se fossi al suo posto, io vorrei che qualcuno me lo dicesse. Perciò, ecco...» Kyrie si fece coraggio, accantonò la timidezza e lo guardò negli occhi. «Volevo solo dirle che lei è sempre il benvenuto, in casa nostra. E che per quanto possa sembrarle difficile, non è troppo tardi per instaurare un rapporto con Nero. Anzi, per la verità, credo che Nero non aspetti altro.»
    Vergil rifletté per un lungo istante, senza tradire la minima emozione. Ricordò del modo impacciato con cui Nero, poco tempo prima che nascesse Credo, gli aveva chiesto di venirlo a trovare a Fortuna, qualche volta. Sorrise, porgendo la mano a Kyrie per aiutarla a rialzarsi.
    «Grazie per averlo detto. Posso chiederti solo un favore?»
    «Tutti quelli che vuole.»
    «Chiamami Vergil.»
    Kyrie arrossì, stringendogli la mano. «Con molto piacere, Vergil.»
     
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