Fiocco azzurro

Devil May Cry

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    The storm is approaching

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    Fandom: Devil May Cry

    Titolo: Fiocco azzurro

    Rating: SAFE

    Genere: Fluff, Slice of Life

    Wordcount: 900

    COWT Settimana 3, Missione 1: Luna nuova





    «Sei nervoso?»
    «Dovrei?»
    «Beh, stai per diventare nonno, quindi sì. Dovresti.»
    «E che mi dici di te?»
    «Sto una favola.»
    «A-ah.»
    «Davvero.»
    «Sicuro.»
    «Dico sul serio!»
    Vergil restituì al fratello un'occhiata scettica, il volto teso illuminato dalla luce artificiale dei neon. Si trovavano nella piccola sala d'attesa del reparto di ginecologia dalle undici di sera e nelle ultime quattro ore Dante non aveva fatto altro che camminare, avanti e indietro, tra la saletta e il bar dell'ospedale di Fortuna, spendendo tutti i soldi che aveva in tasca in gelato. Vergil indicò con un cenno la coppetta vuota tra le sue gambe. «Quanti ne hai mangiati?»
    «Oh, questo non c'entra nulla.»
    «Io credo di sì. Credo che gli umani la chiamino... fame nervosa
    «Io adoro lo strawberry sundae. Ne mangio sempre un sacco, se non te ne sei accorto.»
    «Me ne sono accorto, ma quello non è nemmeno un vero strawberry sundae.»
    «Non importa, mi piace lo stesso!»
    Vergil guardò il cestino dei rifiuti sistemato ad un angolo della sala d'attesa, vicino al consunto distributore di snack e alla macchinetta del caffè. Era stracolmo di coppette di carta vuote gettate alla rinfusa, dovevano essere più di una decina. «Non è normale. Non avresti nemmeno bisogno di mangiare, tu.»
    «Non rompere. Quando ti abituerai a vivere sulla Terra mi dirai se non senti anche tu i morsi della fame.»
    Vergil fece roteare gli occhi al soffitto con la stanca esasperazione di chi aveva affrontato quell'argomento migliaia di volte.
    «Tu non hai fame, Dante. Mangi per la noia, per sfizio o perché sei preoccupato per qualcosa.»
    «Tutta invidia.» Dante fece schioccare la lingua, impertinente. Poi prese la mira e lanciò la coppetta nel cestino «…perché a te invece si chiude lo stomaco quando sei preoccupato. Come adesso.»
    Vergil scosse la testa, contemplando i residui di caffè nel suo bicchiere. «Lasciamo perdere. Non intendo discutere con te anche mentre sta per nascere nostro nipote.»
    Dante restò per qualche secondo in silenzio, piacevolmente stupito da quell’insolito "deponiamo le asce di guerra". Studiò il volto del gemello e non poté fare a meno di sorridere. Anche se Vergil era come sempre un figurino, impeccabile nella sua austera compostezza, c'erano dei particolari che a lui erano saltati subito all'occhio e che tradivano una certa tensione. I capelli, per esempio. Vergil non aveva usato il gel per fissarli e ora alcune ciocche argentee gli ricadevano morbide sulla fronte, come succedeva solo la mattina, quando si svegliava, o quando usciva dalla doccia. E poi, la barba: era ancora corta e invisibile ad un occhio poco allenato, ma Dante sapeva che Vergil non usciva mai senza radersi alla perfezione. Stavolta non lo aveva fatto. E cosa dire dell'assenza della sciarpa, nonostante fosse inverno inoltrato? Suo fratello era il tipo di persona che la indossava sempre, la sciarpa, sotto il cappotto lungo. E invece stasera l'aveva dimenticata al Devil May Cry.
    Dante gli circondò le spalle con un braccio, scuotendolo appena. «Andrà tutto bene. Nero e Kyrie sono giovani, ma sono i ragazzi più in gamba che io conosca.»
    Vergil lo fissò, quasi fosse indeciso sul da farsi, ma alla fine non si allontanò dalla stretta del fratello, limitandosi ad annuire. «I parti vanno sempre così per le lunghe?»
    «Assolutamente.»
    «...Nel senso che non ne hai assolutamente idea?»
    «Già. Ma ho visto un sacco di film, e so che se fosse successo qualcosa i medici o le infermiere di reparto sarebbero entrate da quella porta e ci avrebbero immediatamente detto...»
    «I signori Sparda?» Squillò in quel momento la voce di un’infermiera, all’ingresso.
    Dante e Vergil trasalirono all’unisono. Si guardarono negli occhi e ci videro riflessa, per un attimo, la medesima espressione da genitore in ansia.
    «Venite con me.»


    Non appena aprirono la porta della camera, Nero, venne loro incontro con gli occhi lucidi, un sorriso emozionato sulle labbra e un fagottino stretto tra le braccia, avvolto in una copertina bianca.
    «Papà, zio Dante... vi presento Credo.»
    «Ma tu guarda che bel bambino!» Dante si avvicinò per vederlo meglio. Il piccolo dormiva beato tra le braccia del suo neo-papà, le manine strette a pugno vicino al petto e le piccole labbra vagamente imbronciate.
    «Lo sai che ti somiglia?» Fece Dante a Vergil, ridacchiando.
    Quello non rispose. Rimaneva a qualche passo di distanza, indeciso, come se non sapesse bene, per la prima volta nella sua vita, cosa dire o come comportarsi.
    «Tutto bene?» chiese Nero, e a Dante parve che i suoi occhi diventassero ancora più lucidi mentre sorrideva al padre.
    «Sì.» Rispose Vergil, con un curioso imbarazzo che sapeva tanto di commozione. «Kyrie sta bene?»
    «Sì, è solo molto stanca, ma sta bene. È stata bravissima.»
    Vergil sorrise. «Congratulazioni» disse. E poi, teso come una corda di violino, si rivolse al bimbo: «...E benvenuto in famiglia, Credo.»
    Nero serrò le labbra, costringendosi a guardare da un’altra parte per non vedere gli occhi del padre che, adesso, cominciavano a diventare troppo simili ai suoi.
    Restarono fermi così per un lungo secondo, fin quando Dante non si decise a spezzare l’imbarazzo e a scaricare la tensione.
    «Oh, venite qui voi tre!» Esclamò, stringendo Vergil, Nero e Credo in un abbraccio caloroso. «Se volete farvi un bel pianto, è un vostro sacrosanto diritto.»
    Nessuno dei due pianse in presenza di parenti o amici, quella notte, ma ci volle molto tempo prima che i tre devil hunters riuscissero a sciogliere l’abbraccio attorno al nuovo, piccolo arrivato.
     
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0 replies since 22/2/2020, 22:22   12 views
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