Sola andata per l'Inferno

Devil May Cry

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  1. Vegethia
     
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    The storm is approaching

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    Fandom: Devil May Cry

    Titolo: Sola andata per l'Inferno

    Rating: SAFE



    «Quindi tutto quello che dobbiamo fare è buttare giù quell’affare?»
    «Esatto. E sono perfettamente in grado di cavarmela da solo.»
    «Potresti aver bisogno di aiuto... E poi qualcuno dovrà tenerti d’occhio.»
    Vergil ti lancia un’occhiata di sottecchi, senza replicare.
    Per un po’ nessuno di voi due parla mentre avanzate nella distesa della pianura infernale, fianco a fianco, il silenzio riempito solo dall’incedere dei vostri passi sul terreno e dal fruscio dei cappotti contro i vestiti. Di tanto in tanto si leva un sibilo leggero, prodotto dalle estremità del sageo di Yamato che frusta l’aria pigramente, perfetto preludio della quiete prima della tempesta.
    Hai l’impressione che quel silenzio tra voi stia durando troppo, ma non osi interromperlo. Ti chiedi cosa stia pensando tuo fratello, ma è impossibile intuirlo. È sempre stato difficile da capire, per te, e lo è ancora di più adesso che il suo sguardo rimane inchiodato all’orizzonte ed evita accuratamente il tuo; fino a quando, dinnanzi a voi, non appare un immenso intrico di spine nere, così alte che non si riesce a scorgere nient’altro. È la Selva, oscuro confine tra mondi destinati a non incontrarsi mai. Il passo di Vergil allora si arresta, costringendo anche te a fermarti.
    «È la tua ultima occasione per tornare indietro.»
    Ti si rivolge con un’espressione strana negli occhi, un ammonimento velato da una vaga malinconia. Solleva il volto e guarda in direzione del Qliphoth: lassù, dove i rami stanno spezzandosi uno dopo l’altro, dove vi siete combattuti l’ultima volta, dove Nero vi ha costretti ad una tregua ritenuta ormai impossibile da entrambi, il passaggio per il mondo degli uomini sta definitivamente svanendo. Il mondo dove hai vissuto per quarantacinque lunghi anni emana i suoi ultimi bagliori, come il frammento di uno specchio rotto alla luce del sole.
    Fai spallucce e, senza dedicare al cielo nemmeno uno sguardo, muovi un altro passo verso la Selva. «Ormai ho deciso.»
    «Dopo averci riflettuto sopra per quanto tempo?» ti chiede Vergil con una nota di ironia nella voce «Cinque secondi?»
    Ti lasci sfuggire una risata e scuoti il capo. «Non mi vorrai fare una paternale proprio tu, vero?»
    A quella domanda, la voce di tuo fratello si fredda di nuovo, facendosi più severa. «Sai che per me è diverso.»
    «Non poi così tanto.» Replichi. «Sono stato anch’io all’Inferno, sai? So come funziona: Lasciate ogni speranza voi ch’entrate e tutto il resto. Beh, io sono andato e tornato tre volte, per la cronaca!»
    «Questa non è una vacanza.» Stavolta Vergil non si limita a sfiorarti con lo sguardo. Ti fissa, serio e intransigente, senza più alcuna nota d’ironia nella voce e nel volto, costringendoti a riflettere.
    «Quello è il tuo mondo, Dante. Rischi di non farvi mai più ritorno, se adesso resti qui.»
    È allora che finalmente guardi il cielo dietro di te e scruti il portale che si chiude inesorabile, crepa di luce ardente nell’oscurità, lasciandoti dalla parte dell’ombra, dalla parte dei dannati, la parte di te che hai sempre faticato ad accettare.
    Forse non riuscirete mai a riaprire quel passaggio: è questo che Vergil ti sta dicendo. Forse resterete confinati all’Inferno non per un mese o un anno, ma per l’eternità.
    È allora che cominci ad avvertire tutto il peso e la portata della tua scelta. È solo allora che pensi davvero a ciò che stai lasciando al di là del portale, in quella che fino a pochi istanti prima è stata la tua vita, la tua casa, il tuo posto nel mondo. Il mondo a cui, appena una manciata di ore fa, non vedevi l’ora di fare ritorno.
    Di colpo pensi a ogni cosa bella che ti lega alla Terra e alle abitudini che, lo sai, ti mancheranno prima di quanto immagini.
    Pensi a loro, agli amici che dall’altra parte hai avuto e che dall’altra parte stai lasciando. Uomini e demoni abbastanza strani da legarsi ad un tipo come te; abbastanza pazzi da seguirti fino a qui, al confine con l’Underworld, per proteggere la vostra Terra.
    Pensi a Lady e alle partite interminabili a biliardo nel tuo ufficio; alle tante bevute fatte insieme il sabato sera, dopo un doppio due di picche al Bull’s Eye Bar; alle giocate a poker la domenica per ammazzare la noia. Pensi alle volte in cui le hai chiesto un prestito per pagare le bollette - che hai quasi sempre usato per saldare il conto con la pizzeria, o non ti avrebbero più consegnato la cena a domicilio - e agli interessi spropositati che lei ti chiedeva indietro, puntandoti addosso la Kalina Ann, ma sempre con un sorriso sbarazzino sulle labbra.
    Pensi a Trish, che adesso starà scappando con Lady e gli altri giù per il Qliphoth. Ricordi la prima volta che è entrata nel tuo ufficio, così bella, così potente, così surreale nella sua straordinaria somiglianza con Eva. Pensi alle lacrime che le hai visto versare quell’unica volta a Mallet Island e alla promessa che ti sei fatto di non darle motivo di piangere mai più. Ti chiedi come reagirà, quando saprà che non tornerai più indietro. Ti domandi se verserà una lacrima per te sapendo che sei esiliato all’Inferno, ma basta un attimo perché il pensiero ti susciti una risata: Trish ti conosce. Forse non ha mai capito fino in fondo il tuo lato umano, ma ha sempre compreso più di chiunque altro la tua natura demoniaca - e sei fiducioso che sì, manterrai la promessa che ti sei fatto, anche a distanza.
    Pensi poi a Patty, quel diavoletto di bambina che hai visto crescere, diventare una signorina e poi una donna, mentre eri affaccendato con la tua vita. Patty che a tredici anni ti sgridava già per il disordine e la sporcizia nel tuo ufficio come avrebbe fatto una giovane madre. Patty che frignava sempre per il televisore rotto, per il jukebox che faceva i capricci, per il vestito all’ultima moda che non poteva permettersi di comprare alla boutique più rinomata della città. Patty che non perdeva mai l’occasione di rinfacciarti quanto fossi pigro, svogliato e insensibile davanti alle esigenze di una ragazzina – quando le conveniva ammettere che lo era davvero, una ragazzina. Patty che sei stato sollevato di non vedere più a gironzolare per la tua agenzia, perennemente a rischio di trasformarsi nella casa delle bambole, con tutti quei merletti e pupazzetti e decorazioni che lei amava appendere in giro. Ma quando la mente ti riporta a quel periodo di tanti anni fa, come sta facendo adesso, provi un’acuta stretta al petto difficile da spiegare. E in tutto ciò, la tua sola, magra consolazione, è che non dovrai fare i conti con lei, quando verrà in ufficio a rimproverarti – no, a tormentarti - per non aver partecipato al suo diciottesimo compleanno.
    Pensi persino a Morrison, tuo fido agente e procacciatore di affari. Un tipo apposto, riservato e discreto, come se ne trovano pochi ormai nel mondo umano. A lui hai lasciato sbrigare i contatti con la clientela e tutta la burocrazia legata al tuo lavoro, perciò, rifletti, è probabile che ora l’agenzia sia sotto la sua custodia. Ti va bene così. Sai che sarà in buone mani; anzi, per la verità, sai che Morrison sarà in grado di gestirla meglio di quanto tu non sia riuscito a fare negli ultimi vent’anni, potendo contare sul lavoro impeccabile e puntuale di Lady e Trish.
    Pensi anche a Nero, con rammarico.
    Nero, che per te significa così tanto senza che lui neanche lo immagini. Nero, a cui devi mille scuse e mille grazie, ma che non ha avuto né le une né le altre, perché tu, certe cose, sei sempre stato incapace di esprimerle.
    Ti sembra impossibile che sia cresciuto così in fretta dal giorno in cui l’hai incontrato a Fortuna, nei panni di un ragazzino scontroso, pieno di arie e di preconcetti sbagliati, ma con un’anima nobile, pronto a ricredersi, a sacrificarsi per le persone che amava. Negli ultimi anni, poi, ha superato ogni tua aspettativa. Ha acquisito una maturità che non ti aspettavi e che non sei ancora del tutto disposto ad ammettere - perché, onestamente, ti fa sentire un fottuto idiota. Credevi di essere stato tu a stravolgergli la vita, e invece eccoti qui, ad accorgerti che è stato l’esatto opposto. Nero ha scoperto di avere una famiglia solo oggi, e oggi stesso ha trovato il modo di proteggerla, di tenerla unita, di farla funzionare: tutto quello che tu hai inseguito per una vita intera e non sei mai riuscito a raggiungere.
    Lasciare la Terra ti dispiace soprattutto per lui. Per le responsabilità di cui gli stai facendo carico, troppo simili a quelle che tuo padre una volta ha lasciato a te, senza chiedertelo.
    Pensi a Nero anche con un moto d’orgoglio, però, perché lo sai perfettamente capace di sopportare il peso di quelle responsabilità. Sai che con lui la Terra sarà al sicuro, e che terrà alto il nome dell’attività di famiglia.
    La Devil May Cry, già.
    È a lei che devi tutto, ed è a lei che rivolgi il tuo ultimo pensiero, mentre il portale si chiude come una cicatrice infuocata nella notte.
    La Devil May Cry è stata la tua casa, il tuo lavoro, la culla di tutte le tue relazioni interpersonali degne di nota, il tuo rifugio dall’ordinaria follia che hai affrontato negli angoli più remoti del mondo.
    Pensi alle sue vecchie, accoglienti mura, al jukebox e al suono prodigioso degli amplificatori che hai comprato coi tuoi primi risparmi. Pensi all’orgasmico sapore della pizza, al suo profumo che riempiva tutto l’ufficio, alle note alcoliche e dolciastre del Jack Daniel’s, al gusto e all’aspetto delizioso dello strawberry sundae preparato da Fredi.
    Pensi anche a Cindy, al ristorante, ai clienti abituali e abituati a vederti quasi ogni giorno seduto al bancone o al tuo solito tavolo, ai forestieri che ti guardavano con diffidenza mentre divoravi il gelato preferito dalle bambine della città.
    Pensi a questo e a mille altri particolari della tua vita che hai sempre dati per scontati, e realizzi che, almeno stavolta, Vergil ha ragione.
    Sei nato per metà demone, ma non è all’Inferno che appartieni.
    Tu ami la Terra, è nel mondo degli uomini che sei nato e cresciuto, ed è lì che ti auspicavi di morire, un giorno lontano.
    «Non ti capisco.» Vergil interrompe il flusso dei tuoi pensieri, quasi leggendoti nella mente. «Hai sempre preferito vivere sulla Terra.»
    «Vero.» È un sorriso che sa di nostalgia quello che ora ti si disegna sulle labbra, mentre guardi il punto in cui il portale per il mondo umano è svanito. La strada di casa è perduta, non si torna più indietro. «Ci sono un sacco di cose divertenti. Cose buone da mangiare. Posti belli da visitare. E un sacco di persone apposto che conosco...»
    Di nuovo, quella malinconia negli occhi di Vergil, inasprita dal disappunto. «Perché allora non sei tornato?»
    «Perché a volte le cose buone devono finire perché le cose migliori abbiano inizio.»
    «Cosa ti fa credere che qui possa iniziare qualcosa di migliore?» Vergil si guarda intorno e allarga un poco le braccia, a volerti sottolineare la desolazione dello scenario che vi circonda. «Sei all’Inferno!»
    «Siamo all’Inferno.» Sorridi di nuovo, rivolgendoti a lui. Non più un’ombra di tristezza nel tuo sorriso. «E il fatto che il mio fratellone mi stia parlando da dieci minuti senza cercare di uccidermi, beh, è già un inizio promettente.»
    Vergil rimane interdetto.
    Forse non trova le parole, forse è a corto di insulti eleganti, difficile dirlo. Rimane a fissarti per un istante che sembra interminabile, durante il quale persino il vento nella Selva tace, come in attesa di una sua reazione.
    Poi lo fa. Sorride a sua volta. Sorride con te, e tutto il resto perde di rilevanza.
    Tu sei esattamente dove dovresti essere. Sei a casa, e non ti importa che casa tua adesso sia l’Inferno. Non ti importa delle abitudini che perderai, o delle comodità di cui dovrai fare a meno nel regno di Lucifero.
    Ti mancherà la vita sulla Terra, ti mancheranno i tuoi amici, ma lui ti è mancato di più.
    Lo hai realizzato con chiarezza disarmante in quel momento, quando hai scoperto che lui era ancora vivo, quando i vostri occhi si sono incontrati di nuovo, dopo quasi trent’anni di assenza: Vergil ti è mancato come ossigeno nei polmoni. Ti è mancato così tanto che hai vissuto ogni fottuto giorno della tua esistenza cercando di tenere la mente occupata per non pensarci. Ingannavi il tempo per ingannare il dolore dei tuoi ricordi, per non sentire quanto faceva male la tua anima spaccata in due.
    All’improvviso la terra trema, costringendoti a tornare al presente.
    Grotteschi tentacoli ricoperti di aculei sbucano fuori dal terreno, simili a gigantesche code di scorpione. Vi accerchiano, pronti a succhiarvi fino all’ultima stilla di sangue, e i demoni della Selva non tardano ad arrivare, richiamati dal rumore come vicini di casa impiccioni durante l’ora del tè.
    «Inutili bestie... Devono essere impazienti di morire.» Vergil sguaina Yamato, già pronto all’attacco.
    «Non chiedevo di meglio!» Lo segui a ruota, impugnando la tua Devil Sword e sentendo l’eccitazione di una nuova caccia strisciarti nelle vene. «Diamogli ciò che vogliono, Ver!»
    Uno sguardo veloce, un cenno di intesa, e tuo fratello ti sorride di nuovo come non faceva più da quando eravate bambini e giocavate nel giardino di casa, a Red Grave.
    Nei suoi occhi e nei suoi gesti in battaglia ritrovi la complicità di un tempo, una sintonia perfetta e primordiale, scritta tanto nei vostri geni quanto nei vostri cuori.
    Ti basta questo per sapere che non ti pentirai mai di aver rinunciato alla vita sulla Terra.
    Perché per ogni fine, c’è un nuovo inizio. E quello al fianco di Vergil è un inizio che non ti perderesti per nulla al mondo.
     
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